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Disturbi del comportamento alimentare

Nella patologia del comportamento alimentare il cibo viene svuotato della sua funzione di nutrire. Diventa oggetto di rifiuto ostinato ed espressione di conflitti e tensioni familiari.

I disturbi alimentari, di cui anoressia e bulimia sono le manifestazioni più note e frequenti, sono diventati negli ultimi anni una vera e propria emergenza di salute mentale per gli effetti devastanti che hanno sulla salute e sulla vita di adolescenti e giovani adulti.
Al centro del disordine alimentare vi sono molteplici fattori biologici, genetici, sociali, psicologici, c’è comunque da parte del paziente una ossessiva sopravvalutazione della propria forma fisica, del proprio peso e corpo e una necessità di stabilire un controllo su di esso.
Ma l’anoressia e la bulimia possono anche dipendere dal fatto che l’individuo subisca situazioni traumatiche, abuso sessuale, lutto, comportamenti abusivi da parte di familiari, difficoltà di essere accettati socialmente e dalla propria famiglia.
L’incidenza di queste patologie è maggiore nei paesi industrializzati, dove vi è abbondanza di cibo, e si sviluppano nella fascia d’età compresa tra i 12 e i 25 anni.
Negli ultimi anni si è cercato di fare un lavoro capillare di prevenzione, in linea anche con le indicazioni del Ministero della Sanità. E’ molto importante mettere a conoscenza sia i ragazzi che i genitori di questi disturbi per la salute sia fisica che psichica.
Ad accrescere questa situazione conflittuale subentrano spesso anche modelli di bellezza irraggiungibile, l’immagine corporea ideale che corrisponde ad un corpo magro, scattante, atto a mostrarsi. Spesso anche le madri sono insoddisfatte del loro aspetto fisico e in perenne lotta con la bilancia.
Al soggetto magro e attraente sono associati attributi positivi, a quelli in soprappeso attributi negativi sanciti dalla moda e dal nostro ambiente culturale occidentale che non accetta la ragazza grassa per lo più destinata ad essere solitaria e rifiutata. Ma è proprio tale pressione sociale e psicologica agente in senso inibitorio a bloccare il riconoscimento percettivo degli stimoli della fame.

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