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Servizio Sociale e Social Dreaming

Il sogno ti mette in contatto con il tuo inconscio personale, ma se invece si parla di Social Dreaming sei in contatto con l’inconscio sociale e quando sei in contatto con quello sei in contatto con l’infinito…“, basta credere nei sogni. G. Lawrence

Nel complesso sistema delle risorse sociali con le quali sovente noi assistenti sociali interagiamo ed agiamo esiste una risorsa in particolare che a volte sembra far da sfondo alla professione, quasi fosse una nota a piè di pagina, a volte considerata così al margine che potrebbe portare con sé i rischi conseguenti della demotivazione professionale o sindrome di burn-out. La risorsa è: l’assistente sociale e le propie capacità creative. Sviluppare quelli che sono i nostri interessi creativi pone l’ascolto su come “mi sento” e favorisce un possibile miglioramento della realtà lavorativa perché mettiamo in rete e in relazione ruolo lavorativo e identità personale. La domanda di partenza è proprio: Cosa possiamo utilizzare nel nostro lavoro per individuare una forma che ci faccia sentire più stimolate dalla “quotidianità” del lavoro sociale e al contempo possa essere una possibile risorsa per l’altro utente? L’ipotesi è maggiore benessere dell’assistente sociale nel luogo di lavoro=maggiore disponibilità e benessere per l’utente.

Se vogliamo è un po’ come quando una madre bambino-centrica spersonalizza la propia identità per il benessere del figlio convinta che quello sia l’unico modo per essere d’aiuto; nel tempo emerge come lei stessa sia bisognosa di aiuto perciò sente la necessità di individuare strategie per il proprio benessere che producono di riflesso un valore diverso nella relazione madre-figlio.

Ecco analogamente anche per noi assistenti sociali vale lo stesso discorso quando ci sentiamo eccessivamente centrate sui casi e quindi “logorate” di energie pertanto provare ad individuare una nicchia nel nostro ambito di servizio in cui esprimiamo i nostri interessi creativi e di “leggerezza” può probabilmente aiutarci a recuperare o a rafforzare quelle energie che impegniamo nel rapporto diretto all’utenza.

All’interno del Servizio Sociale in cui lavoro nasce così l’idea di mettere in gioco le nostre passioni, i nostri interessi e attraverso la creatività personale ipotizzare possibili percorsi di lavoro. Siamo partiti da noi, e siamo giunti ad elaborare un progetto di lavoro: il social dreaming come tecnica di lavoro per i gruppi.

L’ atto di sognare e’ vecchio quanto l’umanità. Come sarebbero potute esistere altrimenti le pitture murali che ritroviamo nelle caverne preistoriche? Esse implicano un atto di immaginazione: esse furono, probabilmente, per prima cosa sognate. L’immaginazione e’ una forma del sognare.

L’atto del sognare può essere di due tipi, individuale e sociale. Il sogno individuale ha lo scopo di trasformare la persona ed in quanto tale e’ un progetto personale. D’altro canto il sognare sociale ha come progetto suo specifico quello di espandere la conoscenza delle comunita’ e delle societa’ in cui le persone vivono. (Gordon Lawrence)

Il sogno è qualcosa che appartiene a ciascuno di noi, il linguaggio onirico è qualcosa che spesso ci stimola a “incontrarci” e a “confrontarci”, così abbiamo avviato una ricerca approfondita di ciò che esiste nella realtà bibliografica del Servizio Sociale e Sogni.

Gordon Lawrence (1998) è un sociologo che ha scoperto questa tecnica ed afferma che i sogni contengono informazioni fondamentali sulla situazione in cui le persone stanno vivendo nel momento in cui sognano. Il “Social Dreaming” non vuole sfidare il grande valore dell’approccio ai sogni della psicoanalisi classica, ma mette in rilievo la loro dimensione sociale

Sogni intimi che diventano sociali: partiamo da loro per giungere alla realtà, per connetterci con i desideri e le paure, con le motivazioni intime delle nostre scelte, col nostro passato e con il nostro futuro. Il “Social Dreaming” è una tecnica di lavoro di gruppo che valorizza il contributo che i sogni possono offrire alla comprensione della realtà sociale ed istituzionale in cui vivono i sognatori (quindi tutti).

Sognare sociale ci apre la via a un miglior senso della realtà e una relazione più creativa con la nostra vita. Il sognare sociale, è un’area intermedia, e ciò che i sognatori esplorano è la capacità del sogno di funzionare come un collegamento comunicazionale fra la realtà esterna e la realtà psichica.Volgersi alla “comunità dei sognatori” per dare un senso ai sogni è un complesso ed elettrizzante esercizio, con il fine di mantenerci “più forti”, più adeguati a capire il nostro mondo, esterno ed interno.

Definizione, setting e lavoro durante le matrici

Il “Social Dreaming” potrebbe essere definito come un metodo di lavoro con i sogni, secondo il quale i sogni vengono condivisi in un gruppo di persone che si riunisce per questo motivo. Durante le matrici, i partecipanti presentano sogni che sono offerti al gruppo in modo che sia possibile stabilire legami e connessioni. (Armstrong, 1998; Lawrence, 1998)

Il gruppo è una realtà sociale e i partecipanti si predispongono nel “pensarsi” in gruppo, pertanto nell’esperienza di social dreaming si evidenzia la caratteristica del fattore “selettivo” del sogno. I sogni erotici ad esempio spesso non emergono, considerati perciò intimo patrimonio personale. Si raccontano i sogni che il partecipante “seleziona” come sogno da offrire al gruppo.

La libera associazione è la chiave di volta per lavorare con i sogni in una matrice di Social Dreaming. Perché? Perché il significato si estende e c’ è una continua espansione di conoscenza. L’ interpretazione, che è sempre la conferma di quanto è già conosciuto, viene evitata perché arresterebbe il fluire dell’associazione e dell’elaborazione.

Gli incontri di Social dreaming vengono definiti da G. Lawrence matrici.

La matrice contiene la radice della parola latina ‘mater’, madre; é letteralmente un utero; é una fonte originale da cui qualcosa può essere creato. Matrice -un concetto basilare dell’analisi di gruppo- é anche definita da Foulkes come l’ipotetica rete di comunicazioni e relazioni in un dato gruppo.

Foulkes si rivolge al gruppo e già accenna a un concetto di mobilità, connessione e spazi aperti che vanno al di là dell’idea del gruppo. La matrice di sogno sociale é uno spazio aperto dove i sogni condivisi e le associazioni libere possono presentarsi, tenuti insieme con flessibilità dalla rete di connessioni che la matrice crea. Ciascuna matrice crea il contenitore di cui ha bisogno. Nella mia esperienza una matrice di sogno sociale ha due caratteristiche: una é che permette di andare molto vicino all’esperienza del sognare, sembra davvero di “camminare attraverso i sogni del gruppo”, l’altra é che non ha un obiettivo o una direzione, o meglio l’obiettivo è il non obiettivo e la direzione è questo passaggio significativo da una posizione egocentrica dell’intimità del sogno a una funzione sociocentrica.

Ogni matrice ha il suo “compito di scoperta e di creazione”. I sogni e le associazioni indicano la strada.

Le matrici di “Social Dreaming” solitamente durano un’ora e mezzo. Ciascuna fa parte di un ciclo che può essere breve, composto cioè da 3 a 5 incontri oppure più lungo.

Le matrici non hanno un conduttore ma un facilitatore che si pone come ospite del gruppo ed al contempo ospita perché è parte integrante e attiva dell’esperienza di gruppo, ciò favorisce la simmetria delle relazioni tra i singoli e probabilmente una maggiore apertura.

La disposizione del gruppo è libera, seduti in cerchio o a spirale, è preferibile di spalle perché l’assenza di contatto visivo serve per dare risalto ai sogni e attivare altri sensi del nostro corpo, “ i sogni entrano in comunicazione tra loro”. La moneta di scambio nella Matrice è il sogno, non la relazione fra i sognatori. Si produce così un’atmosfera onirica, sembra come se durante le matrici di “Social Dreaming” i sogni vengono sognati una seconda volta.

Il lavoro può cominciare in qualsiasi modo: direttamente con la narrazione di un sogno, con una comunicazione da parte di un partecipante oppure con una domanda diretta al conduttore o al gruppo.

Se il facilitatore inizia con una breve comunicazione introduttiva, spiegherà che i partecipanti sono invitati a condividere i loro sogni, a fare associazioni ed esplorare il loro possibile significato sociale.

Un sogno può essere raccontato come associazione al sogno di un altro partecipante. Questa è un’istruzione particolarmente rilevante perché fornisce implicitamente il suggerimento che i sogni non devono essere considerati come una proprietà privata del sognatore, ma piuttosto qualcosa che è offerto perché sia condiviso nel gruppo. (Hahn, 1998)

Riepilogando il contributo di tutti i partecipanti, consiste nel:

– raccontare i propri sogni;

– associare liberamente immagini, sogni e fantasie;

Nella matrice i sogni rivelano un multiverso di significati, il pensiero si espande e si creano angoli di visione inaspettati da cui può scaturire il cambiamento, facilita l’accesso a pensieri nuovi e alla possibilità di farne uso nei vari contesti di vita. E’ possibile formulare più liberamente echi dei pensieri che abitano il luogo della mente in cui ciascuno è connesso con l’ambiente sociale, culturale, naturale e i partecipanti possono sperimentare la creatività che si genera, sia nell’individuo che nel collettivo.

Un secondo aspetto del lavoro, che implica il contributo di tutti i partecipanti, consiste in:

– collegare tra loro immagini, sogni e fantasie;

– evidenziare la sequenza dei sogni che sono stati raccontati;

– mettere in luce come sogni differenti possano avere punti in comune;

– riconoscere che un sogno raccontato da un partecipante potrebbe essere stato sognato da un’altra tra le persone presenti;

– capire se i sogni e le associazioni forniscono elementi utili per comprendere alcuni aspetti dell’ambiente sociale e/o dell’organizzazione a cui appartengono i partecipanti;

– mettere in risalto gli elementi sociali dei sogni

Poche regole possono far sì che la seduta proceda bene:

– permettere ai singoli partecipanti di parlare per non più di dieci minuti,

– evitare di rispondere a domande che sono poste direttamente

– evitare di ingaggiarsi in una discussione con un’unica persona.

Il lavoro nel “Social Dreaming” implica l’identificazione d’alcuni pattern, piuttosto che l’interpretazione di contenuti.

Questo è quello di cui non si occupa una matrice di “Social Dreaming”:

– I sogni non vengono impiegati per portare attenzione sulla vita relazionale personale e privata dei presenti.

– I sogni non vengono messi in rapporto all’infanzia delle persone che li raccontano, né a quella degli altri partecipanti.

– I sogni non sono utilizzati per evidenziare qualche aspetto psicopatologico delle personalità.

– È anche importante evidenziare che le matrici di “Social Dreaming” non hanno un diretto fine terapeutico.

Il fine del “Social Dreaming” è un impiego del sogno per comprendere meglio la realtà sociale in cui vivono le persone che prendono parte all’esperienza. (Armstrong, 1998)

Il facilitatore del gruppo si fa carico che le regole del setting siano rispettate. Egli lascia ai partecipanti il compito di associare, trovare significati e identificare allegorie e simboli. Interviene per facilitare il lavoro, ma non propone interpretazioni che riguardino la dinamica di gruppo o la formazione di sottogruppi. I suoi interventi sono sempre basati su ciò che è evidente, e sono indirizzati ad aiutare il riconoscimento del significato sociale dei sogni e delle associazioni.

Un partecipante di una matrice a cui ho preso parte ha raccontato il sogno di “vedere con occhiali magici”; la sua affermazione, anche se non pensata in quella direzione, é diventata una metafora per l’esplorazione del significato della matrice di sogno sociale. Vedere con occhiali magici é un pò come essere in una matrice, si vedono infatti il dipinto multiforme creato dai sogni e dalle loro associazioni libere, e si assiste alla molteplicità dei significati attraverso la creazione di immagini nuove.

E’ possibile osservare il mondo con i nostri occhi e soffermare l’attenzione su una singola storia di vita, o su un singolo evento, ma all’interno del contesto d’appartenenza nella sua interezza. Al contrario nella matrice di Social Dreaming si è “bendati”, o meglio ad occhi chiusi, al contempo è possibile guardare attraverso gli occhiali magici e scoprire il mondo dell’altro, c’è un movimento verso l’altro e una molteplicità di punti di vista differenti che aprono una conoscenza nuova. “Sentire il suono della parola come musica più che il significato della parola stessa”, era un’ulteriore associazione all’ “ascoltare la musica della SDM”; così facendo si accede a un area vicina ai mantra e ai suoni originari, che in molte culture rappresentano l’origine della creazione. Lawrence ha ipotizzato che il ‘lavoro del sogno é un’onda e quando un sogno emerge dal buco nero della psiche é una particella.’.

Indicazioni metodologiche per utilizzare il Social dreaming con i gruppi di utenti.

  1. Il primo commento è relativo alla straordinaria plasticità e versatilità del sogno. Il sogno nelle sedute di “Social Dreaming” svolge funzioni specifiche, e si adatta a questo setting altrettanto bene di quanto si adatta al setting classico.

  2. Il metodo del “Social Dreaming” mette in rilievo l’importanza del raccontare e condividere i sogni per favorire lo stabilirsi di una buona relazione tra i membri di un gruppo. Condividere il racconto di un sogno, prima di interpretarlo o impiegarlo per capire, possa offrire un contributo anche per una buona “accordatura” della relazione tra tutti i membri di un gruppo.

  3. Nelle esperienze di “Social Dreaming” il significato che un sogno ha per il sognatore rimane sullo sfondo, mentre l’attenzione è portata sul suo significato sociale.

  4. Individuare gruppi che sono caratterizzati da un elemento comune o della fase del ciclo vitale (adolescenza, genitorialità, separazione ecc.) o della fase del disagio (insorgenza, aggravamento, perdita).

Chiunque può partecipare ad una Matrice di Sogno Sociale, chiunque: basta il proprio bagaglio onirico.

A Roma il 13–14–15 giugno 2008 si terrà un’esperienza di social dreaming a cura del prof. Claudio Neri (Psicoanalista con funzioni didattiche) e sarà diretto ad un gruppo di assistenti sociali. Ci rendiamo conto che per utilizzare questa tecnica è importante assimilare l’esperienza, pertanto stiamo cercando di creare un gruppo di colleghi interessati a partecipare alle matrici di Social Dreaming.

Chi fosse interessato può contattarmi all’indirizzo serviziosocialesocialdreaming@yahoo.it

L’articolo è tratto dalle seguenti fonti bibliografiche:
Gordon L.W., Social Dreaming at Work, BPOD 1998
Gordon L.W., Social dreaming. La funzione sociale del sogno , Borla Roma 2001
Gordon L.W., Esperienze nel Social dreaming, Borla Roma 2004
Armstrong, D. (1998a). Thinking aloud: contributions to three dialogues. In Lawrence, W.G. (edt.). Social Dreaming at Work. London, Karnak Book. [trad. ital. Pensate a voce alta: contributi a tre dialoghi. In Lawrence, W.G. (a cura di). Social Dreaming. La funzione sociale del sogno. Borla, Roma 2001].
Neri, C. Gruppo. Borla, Roma.
Tatham, P.; Morgan, H. (1998). The social dreaming matrix. In Lawrence, W. G. (edt). Social Dreaming at Work. London, Karnak Book. [trad. ital. La matrice del sogno sociale. In Lawrence, W.G. (a cura di). Social Dreaming. La funzione sociale del sogno. Borla, Roma 2001].
Foulkes, S.H. (1964). Therapeutic Group Analysis. Karnac Books, London.

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