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Lavoro, ma sono povero

E’ fin troppo facile associare al “povero” colui che è disagiato, bisognoso e  disoccupato che non riesce ad entrare nel mercato del lavoro o a mantenere stabilmente la sua posizione, ma il povero di oggi non è solo questo e assume sempre più i connotati di colui che entra nel meccanismo del consumismo e si fa travolgere.

Prendiamo un normale cittadino lavoratore, quali sono le condizioni per considerarlo in una situazione di povertà economica?

L’indicatore sintetico di deprivazione di Eurostat ci suggerisce che chi ha almeno tre sintomi di disagio economico su un set di 9 indicatori può considerarsi in uno stato di deprivazione. Gli indicatori evidenziati sono: non riuscire a sostenere spese impreviste, non potersi permettere più di una settimana di ferie lontano da casa in un anno, avere arretrati (mutuo o affitto o bollette o altri debiti), non potersi permettere un pasto adeguato almeno ogni due giorni, non potersi permettere di riscaldare l’abitazione, non potersi permettere una delle seguenti cose: la lavatrice, la TV a colori, il telefono, l’automobile.

Il primo motivo della povertà di un lavoratore potrebbe essere legato quindi al lavoro stesso, in quanto strumento per l’acquisizione di denaro non sufficiente al sostentamento della persona e della sua famiglia. In questa categoria possiamo, ad esempio, inserire coloro che hanno uno stipendio basso a causa di un lavoro non qualificato, coloro che hanno un lavoro part-time, e infine quelli che devono scontrarsi con la crisi e la mancanza di ammortizzatori sociali quando l’azienda subisce una riduzione delle commesse.

Il secondo motivo potrebbe essere l’uso scorretto del denaro derivato dal salario, e in questa categoria possiamo collocare coloro che non sono in grado di far fronte a tutte le spese familiari. Inseriamo qui le persone che hanno alti affitti o mutui per la casa, chi ha più figli a carico e coloro che non sanno gestire il denaro e in particolar modo quelli che non riescono a uscire dal vortice dell’acquisto di tutto ciò che piace, ma è superfluo rispetto ad una vita dignitosa. Ricordiamo per esempio l’indebitamento di molte famiglie non solo per acquistare beni di prima necessità, ma anche per viaggi vacanze o altri prodotti non essenziali.

In tutto questo mi pare utile proporre l’approccio che l’assistente sociale potrebbe utilizzare di fronte a questo genere di problematiche. E’ essenziale chiedersi se la persona riconosce la sua condizione di bisogno ed è disposto a progettare con l’operatore un percorso che comporterà probabilmente un cambiamento importante nello stile di vita suo e della famiglia.

L’obiettivo generale potrebbe essere quello di superare il momento di bisogno, ma contemporaneamente prevenire quelli che potrebbero riproporsi nel tempo, a causa ad esempio di spese impreviste. Per questo è importante conoscere il funzionamento dell’utente e del suo nucleo familiare, per individuare potenzialità e difficoltà, e per capire se ci sono caregivers capaci di tamponare nella condizione di bisogno e supportare nel processo di cambiamento.

Sappiamo benissimo che l’aiuto dei servizi diventa molto più complesso dove la povertà economica si aggrega alla povertà relazionale.

La qualità della vita è un intreccio di elementi concreti e di vissuti, per questo l’assistente sociale dovrebbe sentirsi prima di tutto un accompagnatore della persona e solo successivamente un erogatore di contributi economici ad integrazione del reddito familiare. In questo modo si può riconoscere che il singolo evento di crisi è parte di una storia più articolata e che vale la pena di conoscere.

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6 Comments Leave a comment »

  1. nel mondo antico si è sempre parlato di povertà, già sin dai tempi di gesù esistevano i poveri, adesso nell’era moderna i poveri si possono identificare anche le persone che hanno un lavoro a tempo pieno ma vivono veramente di stenti. La verità che il mondo non ha soluzioni utilitaristiche per la gente e quindi la mancanza di lavoro che crea disoccupazione all’infinito, speriamo che le cose in un futuro imminente migliorino.

    Commento by giacinto — 6 Settembre 2011 [Permalink]

  2. Ho letto e condivido quanto scritto da Marianna. Nell’anno sulla povertà ho assistito a diversi convegni che riguardavano la povertà. Ovviamente collegavano l’argomento con il welfare state, con il lavoro, con la fame ed il tutto guarnito con foto di bimbetti scheletrici e simili.
    Ovviamente tutto quello che è stato detto è corretto, sono fatti innegabili, ma non è mai stato posto l’accento su cosa realmente sia la povertà, come sia cambiata nel tempo, cosa comporti oggi, quanto il sistema capitalistico ha contribuito e quali sono le conseguenze.
    Una persona “povera” è povera non solo nel portafoglio, ma anche in altre sfere, sociali, relazionali, di conoscenze..ma di questo non si parla quasi mai. Sarebbe importante che i servizi e che gli operatori lavorassero su questo, scendessero in campo attivamente e si facessero vedere e sentire, sia per l’utenza sia per evitare che i tagli, i soprusi alienino ogni diritto esigibile che l’operatore è tenuto a garantire.

    Chiara Biraghi

    Commento by Chiara Biraghi — 6 Settembre 2011 [Permalink]

  3. Cara collega marianna io credo che il fattore “nuove povertà emergenti” sia derivato da molteplici fattori; indubbiamente tutti gli elementi che hai sottolineato tu sono da sottoscrivere totalmente, io sottolinerei con ancora maggiore incisività l’elemento “precarizzazione del mercato del lavoro”, che rende ancora più drammatica la situazione sociale anche perchè è un elemento ormai purtroppo consolidato e difficilmente modificabile nella nostra società e che ha un fortissimo impatto sociale, non solo economicamente ma anche nei rapporti umani. Con affetto, massimiliano.

    Commento by massimilano chiacchiararelli — 6 Settembre 2011 [Permalink]

  4. Ho trovato molto interessante questo articolo e il fatto che si menzioni tra le cause l’uso scorretto del denaro. Vorrei segnalare, a chi interessato, un progetto europeo coordinato dalla nostra organizzazione proprio su questo tema. L’indirizzo è http://www.abaco-project.eu. E’ possibile scaricare materiali formativi sull’uso del denaro destinati specificamente ad adulti in condizioni di svantaggio sociale.

    Commento by Licia Boccaletti — 20 Settembre 2011 [Permalink]

  5. Non avete citato chi sono realmente i veri poveri: i papà separati!Ci sono papà che mensilmente devono sborsare fior di soldini,pur avendo un lavoro saltuario,e la legge non li tutela x niente.I giudici scrivono facilmente la sentenza dei soldi che devono sborsare mensilmente,e se i papà non riescono a pagare ci pensano le ex mogliettine ad andarli a denunciare con l’art.570 del c. p. e li rovinano ancora di più. Ma i giudici queste cose le sanno, ma fanno finta di non saperle,xchè loro come gli avvocati ci speculano alla grande.

    Commento by laura — 8 Novembre 2011 [Permalink]

  6. Hoi letto con molto interesse, vorrei aggiungere tra i nuovi poveri i dipendennti pubblici, con contratto bloccato dal 2007, blocco di scatti, anzianità, retribuzioni accessorie. Accorpamenti di enti che costringono a onerosi spostamenti a carico del lavoratore ma disposto dall’autorità, e tra questi ci sono molti monoreddito da 1.000 euro al mese con moglie e figli a carico, cosa si intende fare per questa categoria dimenticata da tutti, parliamo di chi lavora a tempo pieno e per contratto non può nenache volendo fare il 2° lavoro, cosa che nel privato è permessa senza problemi, ma nel pubblico per avendo un contratto privatizzato dagli anni 90 è restato come veto assoluto, ora, non potendo generare più reddito da altri lavori perchè proibito, e non avendo il coniuge un reddito perchè senza lavoro, cosa resta da fare ai dipendenti pubblici nuovi poveri dimenticati… gradito ogni punto di vista e proposta, grazie

    Commento by giuppi — 29 Luglio 2016 [Permalink]

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