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L’accertamento della minore età degli immigrati non accompagnati

Venerdì 31 ottobre 2014 si è svolto a Napoli, presso la Città della scienza, il seminario “L’accertamento dell’età dei minori migranti non accompagnati” organizzato dall’agenzia regionale “Yalla” insieme ad una serie di enti impegnati nella mediazione interculturale (cooperativa Dedalus, Associazione studi giuridici sull’immigrazione, la Fondazione per l’infanzia Banco di Napoli e l’azienda ospedaliera di rilievo nazionale Santobono-Pausilipon). Si tratta di un percorso multisciplinare per operatori del settore (psicologi, sociologi, educatori, assistenti sociali) con lo scopo di condividere un metodo ed un lessico comune per rispondere in modo efficace ai bisogni dell’utenza.
A ospitare l’evento si è offerta la Fondazione Idis, laddove un tempo vi era la celebre acciaieria Ilva, nel quartiere di Bagnoli, già impegnata nella diffusione della conoscenza e dei saperi verso le scuole e le famiglie attraverso l’organizzazione periodica di mostre e convegni, es. il “museo vivo” dove gli utenti sono sopratutto minori che desiderano sapere di più sul mondo che gli sta attorno oppure la mostra “Wind” per promuove il dialogo interculturale tra le comunità straniere presenti in Italia.
Negli ultimi anni c’è stato un sempre maggiore interesse per l’immigrazione minorile, grazie anche al lavoro di molti operatori del Terzo Settore che, verso la seconda metà degli anni ’90, hanno realizzato una serie di iniziative per favorire l’approccio multidisciplinare. Inizialmente gli operatori di strada si sono recati nei luoghi più frequentati dai giovani proponendo loro la possibilità di partecipare ad un percorso di inserimento sociale. Quindi, tra coloro che erano più motivati, si è scelto di formare dei mediatori stranieri per lavorare nei servizi territoriali anche per capire meglio i bisogni dell’utenza. Un altro metodo utilizzato, oltre alla mediazione ed al lavoro di strada, è la ricerca-azione (non si può dare per scontato che il servizio sia sempre lo stesso) attraverso il quale si è scoperto che gli utenti, che provenivano in maggior parte dal Nord Africa, erano “sfruttati” dalla criminalità organizzata come “lavavetri” ai semafori e non era raro che qualche automobilista decidesse di denunciare il caso alla polizia che avviava un’indagine per riconoscerne l’età e, in seguito all’identificazione, condurli in una comunità di accoglienza da dove, però, il più delle volte fuggivano.
Nel corso dell’incontro è intervenuta Elena De Filippo, presidente della Cooperativa sociale Dedalus, che ha ricordato due episodi: una lettera al “Mattino”, quotidiano locale partenopeo, in cui si chiedeva di “togliere” i minori dai semafori e la fuga di un ragazzo dalla comunità in cui era ospitato che, nel suo tentativo, cadde dal terzo piano della palazzina. Questi episodi indussero gli operatori a ripensare gli interventi al fine di offrire qualcosa di più ai minori (corsi di formazione e avvio al lavoro), in vista della loro permanenza in Italia. Da qui sono nati una serie di progetti che si propongono di realizzare un vero e proprio “patto di cittadinanza” tramite il lavoro di rete con le istituzioni.
Ma, come si può ben capire, tutte le grandi opere richiedono un grande sforzo sia sul piano tecnico che culturale, tra cui la scelta di iniziare un processo di concertazione (ciò che si fa, quando non puoi “permetterti” di fare le cose da solo) che porti ad un risultato condiviso, anche in un settore come quello dei minori stranieri non accompagnati dove, di fronte ad ogni caso bisognava “inventarsi” delle procedure, e capitava non di rado che si giungesse a “mimare” un accordo e poi ognuno faceva “di testa propria”, inducendo gli operatori a organizzare dei tavoli tenici per definire un protocollo operativo, ovvero, un repertorio di ruolo per chiarire “chi fa cosa, come, quando e perché”. L’altra dimensione è quella culturale da cui il protocollo si ispira al fine di proporre un nuovo modo di leggere e valutare l’impatto degli stranieri sul territorio di destinazione (nuovo paradigma). Il dott. Giuseppe Centomani, Direttore del Centro di Giustizia minorile in Campania, citando il sociologo Alessandro Bosi, ritiene che bisogna superare alcuni equivoci in materia di integrazione sociale perché i modelli basati sull’assimilazione non riconoscono le caratteristiche delle parti ma pretendono che gli stranieri si omologhino agli autoctoni, come già successo in Francia dove l’apparente tolleranza non ha permesso la partecipazione delle minoranze etniche alla vita sociale del paese causando non pochi disordini, es. la rivolta delle Banlieue (2005) e, in anni più recenti, l’espulsione dei Rom e Sinti dalla capitale. L’obiettivo, dunque, è di riconoscere la diversità come una risorsa e non come un pericolo: il primo passo è l’accettazione del minore come “persona” e dei suoi obiettivi come “bisogni” e ciò rimanda a quel principio africano dove si dice “io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo” (ubuntu), in altre parole, riconoscersi come coinquilini della medesima realtà sociale.
Il percorso di realizzazione del protocollo, iniziato nella seconda metà del 2011 e conclusosi nel novembre 2013, si è reso necessario in quanto le attuali conoscenze biologiche e mediche non permettono di conoscere l’età di una persona senza margine di errore, perciò, è stato importante definire un modello operativo che si è sviluppato dopo la creazione di un tavolo tecnico interistituzionale. Il primo passo è stato di identificare la struttura che potesse garantire l’accesso allo standard: l’azienda ospedaliera Santobono-Pausilipon di Napoli. Il secondo passo è stato di riprendere il protocollo Ascone (2009) che a livello mondiale garantisce l’efficacia più elevata di intervento perché prevede l’esecuzione della radiografia del polso e di una visita auxologica (valutazione dello sviluppo puberale), garantendo i diritti del minore perché, se si tratta di una femmina incinta, non si può fare l’esame radiografico ma solo l’auxologia. Una volta ottenuto il consenso – poiché molti di essi non parlano italiano e, per legge, bisogna acquisire il consenso informato al trattamento dei dati (L. 187/2000) – l’utente è accompagnato nel laboratorio radiologico. Alla fine degli accertamenti, la commissione emette un giudizio medico-legale sull’età, sottolineando i margini di errore (deviazione standard dalla media), es. se ha 18 anni c’è un margine di errore di 2 anni, quindi, la cartella è inviata all’ente che ha chiesto l’accertamento; nel dubbio, comunque, subentra il “principio di presunzione della minore età” (favor minoris). Nel corso del 2014, presso l’azienda ospedaliera Santobono-Pausilipon, ci sono stati 26 accertamenti di cui la maggior parte avvenuti su minori di origine asiatica, dei quali solo 2 femmine, ma il più grande problema è stato quando l’utente è stato arrestato in flagranza di reato, perché dimostra un comportamento più diffidente ed i tempi sono più lunghi. Se il minore si rifiuta di essere esaminato, si segnala il caso alla magistratura che agirà di conseguenza, rendendo la tutela più difficile, anche se il protocollo implica l’attivazione di più soggetti, es. il tutore o il responsabile della struttura di accoglienza può chiedere di riesaminare il caso.
Prima dell’applicazione del protocollo, il minore veniva portato in ospedale senza nessun preavviso e poi nel centro di identificazione e espulsione (CIE) e non si riusciva ad instaurare un clima di fiducia e collaborazione, anche a causa della paura di essere “parcheggiato” in comunità, perciò, è stato necessario avvalersi di una figura rilevante (mediatore) e introdurre alcuni accorgimenti, es. avere una sala d’attesa appositamente dedicata. L’esame si concentra sul polso e sul metacarpo perché questo tipo di osso muta nel corso del tempo (nuclei di accrescimento), da cui si può stabilire l’età del minore, e si può confrontare l’immagine con il metodo di Greulich and Pyle, che però è tarato sulla popolazione americana (i fattori biologici possono condizionare lo sviluppo dell’uomo). In alcuni paesi c’è la possibilità di valutare l’età psicologica, e non solo quella anagrafica, come, ad es., in Svezia dove si è riscontrato che molti minori erano plagiati dal governo del paese di provenienza, es. il fenomeno dei bambini-soldato. Nel caso penale è più difficile, es. quando arriva di notte piantonato dalla polizia e non è sempre possibile effettuare colloqui o altri test psico-attitudinali.
In Italia, non essendoci una normativa precisa sull’accertamento dell’età minore, succede che gli enti locali si regolano ciascuno in maniera arbitraria: in alcune città l’accertamento avviene in un pronto soccorso in maniera superficiale e approssimativa, mentre in altre si procede ad accertamenti reiterati ed invasivi, es. a Paterno (PZ) presso un centro di accoglienza, è successo che alcuni minori hanno fatto pervenire dei certificati dai paesi d’origine che accertavano l’età minore, ma non si è potuto stabilire la loro autenticità. Dal punto di vista legale, il passaporto è il documento necessario, eventuali altri atti non sono validi ma possono essere ritenuti come “indizi” e solo dopo l’esame medico; in molti casi subentra il buonsenso. Se il tribunale dovesse nominare un tutore o se dovesse subentrare il legale rappresentante del minore, che quasi spesso coincide con il rappresentante del centro di accoglienza e se questi, sulla base di eventuali certificati, non volesse fare l’esame radiografico, allora si riconosce la validità dei certificati.
In conclusione, a Napoli, dove si stima vi siano ancora 250 minori stranieri non accompagnati, si è cercato di proporre una soluzione al problema, mettendo insieme gli operatori ed i soggetti istituzionali interessati tra i quali si segnalano, tra l’altro, la Procura minorile, le forze dell’ordine, gli enti locali, il terzo settore e l’Asl. Il tavolo tecnico ha permesso di affrontare i bisogni più urgenti alla luce delle risorse, seppur limitate, e della normativa vigente. A tal proposito il Dlgs n. 24 del 4 marzo 2014 recepisce la normativa europea contro la tratta di esseri umani (Direttiva 2011/36), secondo cui il governo entro 6 mesi doveva definire i “meccanismi” per l’accertamento dell’età minore degli stranieri non accompagnati vittime di tratta (art. 4 co. 2). Il protocollo sperimentale procede in questa direzione e la speranza di chi scrive è che si possano raggiungere gli esiti desiderati al più presto possibile.

Bibliografia
– Bosi A., Integrazione, interazione e socialità nell’universo multiculturale. In Pellegrino V., Mediare tra chi e cosa? Riflessioni di studiosi e operatori sanitari sull’incontro con il paziente migrante, Milano, Unicopli, 2007.
– Cicatelli F., Al Santobono il protocollo per riconoscere l’età dei minori, “Il Mattino”, 31 ottobre 2014, p. 36.
Decreto legislativo 4 marzo 2014 n. 24 “Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI”.
(http: //www.interno.gov.it/mininterno/site/it/sezioni/servizi/legislazione/sicurezza/2014_03_17_DLGS_04032014_n24.html)
– Fondazione Lelio Basso, Viaggio nel mondo dei minori stranieri non accompagnati: un’analisi giuridico-fattuale, Roma, 2014.
(http://www.fondazionebasso.it/site/_files/Risorse_on_line/accoglienza_1.pdf)
– Ministero della Giustizia, Dipartimento giustizia minorile, Direzione Generale per l’attuazione dei provvedimenti giudiziari, Minori non accompagnati – Quadro di riferimento normativo e diritto all’identità, 11 ottobre 2012.
(http://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?previsiousPage=mg_16_1&contentId=SPS788737)
– Minori stranieri non accompagnati: il progetto per la promozione dei diritti del fanciullo di Leonardo Cavaliere.
(http: //minoristranierinonaccompagnati.blogspot.it)
– Pandini M., Immigrazione, ecco chi guadagna con l’accoglienza ai profughi, “Libero”, 6 settembre 2014.
(http: //www.liberoquotidiano.it/news/italia/11685657/Immigrazione–ecco-chi-guadagna-con.html)
– Sartor E., Lavoro forzato: per l’Italia e UE ancora molto lavoro da fare, “Europae. Rivista di affari europei”, 22 ottobre 2014.
(http: //www.rivistaeuropae.eu/interno/lavoro-forzato-per-italia-e-ue-ancora-molto-lavoro-da-fare/)
– Servizio centrale del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR), Manuale per l’attivazione e la gestione di servizi di accoglienza e integrazione per richiedenti e titolari di protezione internazionale.
(http: //www.serviziocentrale.it/file/server/file/MSNARA%20SPRAR%20accoglienza%20integrata.pdf)

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