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Se mio fratello è il mio domestico

Nella mia esperienza lavorativa mi sono imbattuta in situazioni piuttosto strane, allarmanti da un lato e, in un certo senso, divertenti dall’altro.
Un episodio che mi ha fatto molto riflettere è stato quello ascoltato dalla viva voce di un’utente del servizio sociale comunale inerente all’esperienza migratoria del fratello della stessa, “importato” dall’Africa come domestico della famiglia.
Bello un nuovo volenteroso lavoratore! Macchè il tizio è partito dopo un paio di mesi verso il sud Italia per poter lavorare in nero e pagarsi i contributi del lavoro da domestico! Effettivamente la cosa che mi sono chiesta da subito è stata: come fa una famiglia con due genitori disoccupati e con 5 figli minori a carico a mantenere anche il fratello e a pagargli pure i contributi?
Ebbene non è l’unico caso, anzi nella mia piccola esperienza professionale in un paesotto di provincia ho adocchiato più esperienze di questo tipo.

Ma chi è il lavoratore domestico? E’ colui che presta la propria opera esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro. In questa categoria troviamo per esempio colf, camerieri, cuochi e tate. Il datore di lavoro ha l’obbligo di assicurare il lavoratore e deve dargli una retribuzione, parte della quale può essere anche concretizzata sotto forma di vitto e alloggio.

Andando a cercare informazioni nella rete si scopre che “Nell’ambito dei rapporti di lavoro domestico tra parenti o affini entro il terzo grado, l’INPS chiarisce che l’obbligo assicurativo sussiste se viene provata l’esistenza di un rapporto di lavoro anche in presenza di vincoli di parentela (non tra coniugi) o affinità entro il terzo grado tra datore di lavoro e lavoratore. L’obbligo assicurativo tra coniugi ricorre, invece, nella sola ipotesi in cui il coniuge datore di lavoro sia grande invalido di guerra (civile e militare), grande invalido per cause di servizio e del lavoro, mutilato ed invalido civile o cieco civile, che fruisca dell’indennità di accompagnamento.”  (fonte antexnews.b2blavoro.com)
Interessante, si può fare! E non si può proprio bloccare questo ambiguo fenomeno dei parenti che poi non lavorano effettivamente per la famiglia?

Cerco ancora e trovo: “Pertanto respingere a priori la richiesta discrizione di tali rapporti di lavoro, oltre ad essere illegittimo, è anche contrario alle finalità di garantire al lavoratore la copertura previdenziale e a vigilare sull’obbligo contributivo a carico del datore di lavoro.
In particolare, nei casi di lavoratore straniero, al momento della richiesta di iscrizione all’Inps, la legittimità del rapporto di lavoro da instaurarsi deve essere stata già valutata dallo Sportello Unico per l’immigrazione in cui è rappresentata la Direzione Provinciale del Lavoro – come presupposto per l’autorizzazione all’ingresso regolare in Italia, dando luogo alla concessione del nulla osta al lavoro ed alla sottoscrizione del contratto di soggiorno per lavoro. In tali casi, rifiutare l’iscrizione all’Inps avrebbe come conseguenza, quasi certamente, sospingere il lavoratore immigrato a questo punto già presente in Italia verso il lavoro nero. Resta comunque a carico dell’Istituto l’accertamento della effettiva sussistenza del rapporto di lavoro.
”  (fonte Inps.it)
Spinge verso il lavoro sommerso, eh? quindi a me vengono ancora più dubbi: come vengono valutati questi ingressi? Quali caratteristiche deve avere il datore di lavoro? Dopo aver presentato la domanda per assumere e far migrare il lavoratore c’è una verifica della condizione economica del datore di lavoro per capire se è in grado di sostenere l’onere determinato dal contratto di lavoro?
Resto ancora presa dalla mie perplessità, ma senza dubbio è auspicabile una maggiore connessione tra gli enti per evitare delle palesi incongruenze.

Siccome con i lavoratori stranieri succede spesso che il versamento dei contributi venga sospeso senza comunicare la cessazione del rapporto di lavoro, e ripreso poi in prossimità del rinnovo del permesso di soggiorno, l’Inps suggerisce di verificare con controlli periodici che i contributi vengano versati regolarmente.
E’ solo un problema di versamenti quindi? Io credo che ci sia molto da riflettere sui fenomeni migratori e le strategie per aggirare le normative vigenti o il barcamenarsi per capire le forme più favorevoli di immigrazione. Ovviamente bisogna abbinare a tutto questo anche i necessari controlli dettati dal buon senso.

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