L’Effetto Lucifero
Tutti noi siamo soliti ritenere che tanto il bene quanto il male siano delle entità ben distinte e separate,ma come ci spiega invece Philiph Zambardo nel suo libro”L’effetto Lucifero (Raffaello Cortina editore) non si tratta di due realtà distinte e separate ma entrabbe sono presenti in ognuno di noi. Lucifero prima di diventare Satana, il principe del male, era il portatore di luce, l’angelo prediletto da Dio. Ciascuno di noi può trasformarsi da Lucifero in Satana, non per predisposizione interna come crede la psicologia quando distingue il normale dal patologico, al pari della religione quando distingue il buono dal cattivo, ma per altri due fattori che sono il ‘sistema di appartenenza’ e la ‘situazione’ in cui ci si viene a trovare. Nella storia più vicina a noi ad esempio personaggi come ad esempio Heinrich Himmler e Adolf Eichmann non erano carnefici ma semplici burocrati che con meticolosa solerzia seguivano alla lettera quelli che erano gli ordini impartiti dall’alto. Non si consideravano degli sterminatori ma solo dei ‘burocrati’ con uno spiccato senso del dovere al loro sistema di appartenenza che era l’ideologia nazista. Quando la responsabilità non si estende agli effetti delle nostre azioni, ma si restringe alla semplice osservanza degli ordini che ci provengono dagli apparati di appartenenza, allora, come recita il titolo di Gunther Anders, siamo tutti ‘figli di Eichmann’ e come tali subiamo quello che Philip Zimbardo chiama: ‘L’effetto Lucifero’, dove persone per bene, per effetto del ‘sistema di appartenenza’ o per le ‘situazioni’ in cui ci veniamo a trovare, diventiamo, indipendentemente dalla nostra indole, degli oggettivi criminali, capaci di compiere quelle azioni che, fuori dal sistema di appartenenza o dalla situazione concreta, ci farebbero inorridire.
In una recente intervista l’autore Philip Zambardo ci spiega: Il mio nuovo libro mi ha dato l’opportunità di mettere in relazione il male, come io avevo avuto modo di osservarlo e che avevo contribuito a creare nello studio della Stanford Prison, con gli altri mali presenti nel mondo, come il genocidio, la tortura, gli abusi sui prigionieri della prigione di Abu Graib da parte dei soldati americani, ed il male nelle aziende dove la brama trasforma delle persone intelligenti ed ambiziose, come accaduto alla Enron ed altri disastri. La mia opinione è che molte di queste azioni malvagie vengano perpetrate da persone assolutamente normali da tutti i punti di vista, non portate al male o con problemi patologici. Credo che dovremmo prestare maggiore attenzione al potere di alcune forze che dipendono dalle situazioni sociali e alle forze del sistema che crea queste situazioni, quando vogliamo comprendere le cause del male e sviluppare mezzi per combatterlo e prevenirlo. E’ più frequente che sia un cattivo contesto a corrompere delle persone rette piuttosto che delle mele marce inserite in un ambiente sano. Credo che avremmo bisogno di un cambiamento di paradigma dal modello medico prevalente che si focalizza sull’individuo da curare, per adottare un modello di salute pubblica. Questo tipo di modello cerca di trovare il virus che fa ammalare la società e poi vaccina la popolazione contro i suoi cattivi effetti. Il male è un virus che si trova in molte società: la mafia ne è un esempio. Non è abbastanza focalizzare l’attenzione solo su chi compie il male, ma anche sulle condizioni del sistema che supporta e mantiene l’abitudine al male. Intendo dire anche i valori legati alla cultura, alla legalità, alla politica, alla storia, che legittimano le persone che si comportano in modo malvagio.arebbero inorridire. […] A questo punto vale ancora la contrapposizione tra il bene e il male? E davvero noi possiamo dividerci in buoni e cattivi? O, come sostiene Zimbardo, la nostra ferocia non è tanto da attribuire alla nostra indole, quanto piuttosto al sistema di appartenenza e alla situazione concreta in cui ci si trova a operare? Se così è, vero eroe non è chi compie le azioni più rischiose o pù feroci che i posteri magnificheranno, ma chi sa resistere al sistema di appartenenza o alla situazione concreta che gli chiedono quelle azioni. L’avvertimento di Zimbardo è ovviamente rivolto a tutti noi che, in un modo o nell’altro, sempre ci troviamo in qualche sistema di appartenenza o in qualche situazione che ci chiede di scegliere se stare o non stare al gioco….
Che argomento interessante..cercavo un’argomento per la mia tesi di laurea e questo articolo mi ha colpito…
Commento by anna — 18 Gennaio 2013 [Permalink]