Un gioco di parole: la dimora abituale dei senza fissa dimora
La legge 328/2000 abolendo il domicilio di soccorso stabilisce che è il comune di residenza della persona il titolare alla competenza per gli interventi assistenziali. Ma cos’è la residenza? Intanto chiariamo, la residenza non si prende, non si mette, si ha e basta. E’ cioè una situazione di fatto a cui devono corrispondere le registrazioni anagrafiche; è definita all’art. 43 C.C. come il luogo in cui una persona ha stabilito la propria dimora abituale, cioè dove vive effettivamente, il luogo in cui una persona trascorre normalmente il periodo di riposo giornaliero, indipendentemente da assenze temporanee per attività ricreative, vacanze, affari, ecc. (Regolamento CE n. 763/2008). Quando si cambia dimora abituale, all’interno del territorio di uno stesso comune, emigrando in altro comune, trasferendosi all’estero, necessariamente, ed obbligatoriamente ci tengo a sottolineare, la persona deve recarsi a dichiarare lo stato di fatto all’Ufficiale di Anagrafe entro 20 giorni dal trasferimento. Situazione pacifica (non sempre peraltro) per chi si trova a cambiare casa, ma come comportarsi con le persone senza fissa dimora e/o senza tetto? Questa distinzione non è casuale, già l’ISTAT (Autorità nazionale di controllo delle anagrafi assieme ed oltre al Ministero dell’Interno) nel 1992, nelle sue note illustrative alla legge anagrafica e del regolamento (L. 1228/1954 e DPR 223/1989), individua due posizioni distinte, le persone senza tetto che però abitualmente girovagano all’interno di uno stesso territorio comunale e persone senza fissa dimora che si spostano anche da un comune all’altro. Tali persone si possono distinguere a propria volta in due sottocategorie, quelle che pur essendo senza fissa dimora/senza tetto di fatto sono pur sempre residenti da qualche parte, e quelli invece che non sono residenti da nessuna parte. Per i primi non ci sono dubbi, se effettivamente risultano residenti in qualche comune, è quel comune che deve occuparsene da un punto di vista assistenziale. Qui tratteremo invece le persone che per un qualsiasi motivo non risultano iscritte a nessuna anagrafe avendo perso l’ultima residenza per esempio a causa di una cancellazione per irreperibilità, partendo dall’assunto che come ha precisato al Cassazione con sentenza n. 449 del 19/06/2000 l’iscrizione anagrafica non è un provvedimento concessorio, ma è un diritto per il cittadino ed un obbligo per l’ufficiale di anagrafe.
Il senza fissa dimora all’interno della legge anagrafica è colui che non fermandosi mai a lungo in uno stesso luogo e non avendo un progetto di residenzialità in alcuno dei comuni italiani, né in una località straniera, non possiede i requisiti per essere considerato, in senso stretto, residente in alcun luogo e necessita quindi di un trattamento giuridico differenziato che consiste nel far coincidere la residenza anagrafica con il domicilio. Pertanto tale soggetto è da considerarsi residente nel comune dove ha stabilito il domicilio o in mancanza (criterio residuale) nel comune di nascita. L’ISTAT suggerì ad ogni comune, per ovviare al problema di come iscrivere queste persone, di istituire una sorta di registro speciale non territoriale, nel quale inserire tutti i senza tetto e senza fissa dimora che desiderassero eleggere lì il proprio domicilio, al fine di ottenere la residenza anagrafica, individuando allo scopo una via territorialmente non esistente. Il domicilio risultava essere una libera scelta della persona e poteva essere ovunque. C’è da dire che da allora molte cose sono cambiate, a livello proprio di tessuto sociale. All’epoca il senza fissa dimora poteva essere un lavoratore girovago, un contadino che viveva in baracche in un contesto assolutamente rurale. Ora ci troviamo ad affrontare situazioni sicuramente diverse e diversi sono anche i provvedimenti legislativi intervenuti, in particolare con la legge 94/2009, il cosiddetto “pacchetto sicurezza”. L’art. 3 co. 38 dispone che la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio, prescrivendo alla persona però di dimostrare che effettivamente è domiciliata lì, se non può dimostrarlo viene iscritto nel comune di nascita. Questo è un cambiamento importante, si perde la possibilità di scegliersi liberamente il comune dove iscriversi, bisogna comunque dimostrare di stazionare su quel determinato territorio comunale o rassegnarsi a vedersi iscritto all’anagrafe del comune di nascita. Il domicilio è però un concetto molto elastico, può essere considerato domicilio il luogo in cui si hanno legami sociali di qualsiasi genere, il marciapiede su cui si dorme, l’associazione che fornisce il pasto caldo, il fosso in cui si viene soccorsi. A nulla rilevano quindi opposizioni da parte dell’Ufficiale di Anagrafe all’iscrizione, o peggio ancora indicazioni del Sindaco di provvedere all’iscrizione solo se la persona dimostra di avere una casa o un reddito. E ancora nessun rilievo normativo ha l’indicazione che il comune competente per gli interventi assistenziali sia quello di ultima residenza prima della cancellazione per irreperibilità, proprio perché tale cancellazione è intervenuta. Bisogna guardare il “qui ed ora”. Il senza fissa dimora poi gode di un’ulteriore situazione normativa anomala, non può per ovvi motivi essere cancellato per irreperibilità se non a seguito delle risultanze del censimento generale della popolazione.
L’intenzione del legislatore è presto detta: ogni persona qualunque essa sia, è un soggetto anagrafico; qualunque soggetto anagrafico dovunque e comunque risieda, dimori o soggiorni nel territorio nazionale, deve essere volente o nolente (lui o l’amministrazione comunale mi permetto di dire) iscritto in anagrafe. Nessuna persona può sottrarsi all’obbligo di iscrizione nel registro della popolazione residente, se l’interessato non vi provvede spontaneamente vi deve provvedere l’Ufficiale di Anagrafe. Al di là delle motivazioni dello Stato e del comune di conoscere con esattezza la popolazione residente, da cui discendono tutta una serie di oneri e/o vantaggi, la persona necessariamente deve essere iscritta e quindi residente in qualche luogo preciso e definito, perché non dimentichiamolo, questo è assodato, una persona che non è iscritta in alcuna anagrafe comunale per lo Stato italiano non esiste e non ha diritto né all’assistenza sociale né all’assistenza sanitaria, se non per gli interventi indifferibili ed urgenti di primo soccorso.
Fonti:
- Paolo Morozzo Della Rocca “Le nuove regole dell’iscrizione anagrafica dei senza fissa dimora” in Lo Stato Civile Italiano novembre 2009
- ISTAT “Anagrafe della popolazione. Avvertenze – note illustrative e normativa Aire” Roma 1992.
- Erminio Lucarelli “ Sulla iscrizione anagrafica delle persone senza fissa dimora” in Lo Stato Civile Italiano ottobre 1995
- Romano Minardi “Senza l’iscrizione anagrafica si perde il diritto all’assistenza sociale e sanitaria” su www.anusca.it
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