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L’assistente sociale apicale (6° parte)

Il leader ha quindi bisogno della fiducia dei sottoposti, i quali si mettono in gioco solo se chi sta sopra lo fa altrettanto. Collaboratori che sanno che il leader si assume le responsabilità e coerentemente si muove sentono di muoversi non da soli, ma con un potere organizzativo certo. E’ un pò come in famiglia: per un adolescente che si muove nel mondo con o senza padre fa la differenza nella gestione del rischio. Se ciò vale nella produzione dei beni, a maggior ragione vale nei servizi sociali, in cui l’oggetto stesso di lavoro è sempre complesso, mutabile e rischioso per natura.
Il leader non ha quindi le sembianze del “vecchio capo burocrate” con l’unico pensiero fisso di “passare la giornata senza che succeda niente”, ma quello del “conduttore” dell’organizzazione verso gli obiettivi. E’ quindi richiesta una forte determinazione nel lavoro, una sicura grinta ed un altrettanto granitico entusiasmo: caratteristiche caratteriali che appunto fanno del capo un leader. E’ un po’ come guidare una barca: non basta comandare, occorre portare a sinergia i rematori, occorre motivarli e pure sapere come si rema.
C’è una caratteristica in comune tra il capo ed il leader: l’amore per la disciplina. Dico disciplina e non tirannia, perchè se la seconda è notoriamente rivolta agli altri, la prima riguarda prima di tutto se stessi. Si tratta semplicemente di svolgere il proprio ruolo nell’ambito di regole certe e chiare, addirittura (se penso al pubblico impiego) obbligatorie. Per esempio il rispetto del tempo di lavoro: essere puntuali lo si pretende non solo dagli altri, ma da se stessi. Di conseguenza si applica il timing come regola di base, si condividono le agende con i sottoposti e si programmano gli incontri senza remora alcuna. La disciplina è quindi uno “stile comportamentale di adesione a certe regole” che è di per se stressogeno: occorre che ce lo diciamo e che ci sappiamo dichiarare capaci o meno. Certo, si tratta di sviluppare una certa capacità di resistenza, che è elemento personale, dobbiamo però comprendere che, se un leader è un modello di comportamento, sta a lui dare il primo esempio!
Un leader è tale se non funziona come un sottoposto. Il secondo, infatti, è più operativo proprio perchè il primo è più “pensante”. Non a caso il leader non fa il front-office, non a caso egli ha sempre una segreteria che gli filtra le comunicazioni. Personalmente ritengo pessimi leader i dipendenti al cellulare, perchè, proprio in quanto si reputano indispensabili, e quindi sempre reperibili (pure di notte), non si abituano a “prendere le distanze” per pensare. Il vero leader riflette anticipatamente sulle situazioni da affrontare come azione strategica per la gestione organizzativa. Ritagliarsi tempo per stare in silenzio a riflettere, ad incrociare dati, a monitorare gli obiettivi gestionali fanno di una persona un leader.

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