L’impegno nel sociale
si muta se noi mutiamo,
si fa nuovo se qualcuno si fa nuova creatura.
La primavera comincia con il primo fiore,
la notte con la prima stella,
il fiume con la prima goccia d’acqua,
l’amore col primo pegno.
Ci impegniamo
perché crediamo nell’amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta ad impegnarci personalmente.
Impegno, questa è la parola – chiave che muove chi lavora nel sociale. Non esistono scorciatoie, strade facili o percorsi alternativi, solo l’impegno. Impegno che non riguarda solo “gli addetti ai lavori”, ma ci tocca tutti intimamente; impegno che non si esaurisce negli orari di lavoro, ma che diventa “compito per casa”; impegno che non conosce limiti spaziali, ma che sorpassa ogni barriera architettonica, naturale, culturale, mentale.
Troppo spesso stiamo seduti nella platea del teatro della vita a guardare, senza vedere davvero, quello che succede davanti a noi, credendo erroneamente che non sia un problema nostro. Non ci rendiamo conto che ciascuno di noi è chiamato ad un atto di responsabilità, dove responsabilità è risposta ai bisogni altrui, perché ognuno di noi è – o può essere – appello e risposta, ascolto e parola: ci dovremmo rapportare l’un l’altro attraverso questa responsabilità, che si suppone risposta reciproca.
Abbiamo dimenticato che noi, in quanto esseri umani ci realizziamo come “esseri in relazione”, come “apertura-a” che diventa “incontro”, “dialogo”: è proprio nel relazionarci “autentico” che prendiamo coscienza di noi stessi nel rapporto con l’altro e, interpellati all’impegno nella relazione, mettiamo in gioco la totalità del nostro essere.
In questa realtà sempre meno orchestrale e sempre più solipsistica ci trinceriamo dentro il recinto delle nostre paure: tutto ciò che è diverso da noi, che non rientra nei nostri schemi mentali è visto come qualcosa da temere, da sfuggire, da dimenticare. Ciò che muove le nostre vite è un processo di inarrestabile individualizzazione, grazie al quale assistiamo a una graduale perdita di valori, di punti di riferimento, di una destinazione prevedibile per l’itinerario della vita.
Leonard Cohen scriveva: “In ogni cosa c’è un’incrinatura. È così che entra la luce”; ciascuno di noi ha la propria “incrinatura”: è ciò che ci rende unici, speciali, ed è anche ciò che ci fa essere diversi, che ci fa essere “altro”. È la prospettiva da cui si guarda che determina l’interpretazione della realtà: talvolta l’“altro”, il “diverso” siamo noi; una volta appreso questo sarà facile aprirci verso gli altri e insieme cooperare con lo scopo di saperci individui e scoprirci parti di un mondo dove la diversità è vista come ricchezza, come tesoro da preservare…con un po’ di impegno.
Nessun commento Leave a comment »
No comments yet.
Leave a comment