Al passo coi loro tempi
Quando mi fu proposto di lavorare con gli anziani fui contentissima perché l’alternativa era un asilo nido.
Ciò mi fece sentire in parte più sicura, convinta che le competenze necessarie per lavorare con gli anziani fossero minori rispetto a quelle di qualsiasi altro settore e relativamente minime paragonate poi ad un settore complicato quale quello dei minori.
Dicevo: “Ma si! Un po’ di allegria, un po’ di pazienza, tutto questo basterà”… e invece con stupore si è dimostrata, e lo è tuttora, una realtà complessa che ogni giorno mette alla prova competenze ed evidenzia la necessaria complementarità di più saperi.
E’ un mondo tutto particolare il loro; colorato, complesso e allo stesso tempo monotono: sono un pozzo di sapere e di vissuto ma nel contempo sono un continuo ripetersi, spesso prevedibili; l’abitudine li caratterizza ma quando meno te l’aspetti ti sorprendono: il loro modo d’agire, i loro ragionamenti sono fini, di una tale astuzia da rimanerne a volte stupìti, e ciò ti fa ricordare che sono stati uomini prima di te. Con loro entri in una realtà tutta particolare che riporta sempre a pochi denominatori comuni.
Si dice che la mente del bambino sia quella di un adulto in miniatura, quella dell’anziano è un continuo ritornare ad atteggiamenti dell’infanzia…Riscontri in loro lo stesso bisogno di attenzioni, di carezze, di affetto, che è tipica dell’età infantile, l’egocentrismo “non superato”, il “capriccio” che negli anziani sembra necessità, sono elementi con cui giornalmente devo confrontarmi.
Hanno affrontato dolori grandissimi: passato la guerra, patito la povertà,affrontato la paura che nasce dalla mancanza di cibo e acqua ,l’ansia del domani, e la ferita profonda del loro vissuto che portano con sé..Tutto ciò si manifesta ogni qual volta dialogano con una persona nuova.
Il ricordo del passato,l’emozione collegata a quel particolare ricordo, diventa per loro il motivo della sofferenza ed è una costante dei loro argomenti:il lutto di un figlio o di un marito,la giovinezza poco spensierata,il futuro sognato all’insegna dei propri desideri ed il più delle volte invece imposto dai famigliari e troppo spesso amaro.
Sig.ra V.M. : ”Non mi pozzu scordare quello iorno. Mia mamma mi dissi:”se non ti sposi chissà! non ti sposerai prima dei 30 anni” e io stupida, stupida,t re volte stupida ci ho creduto e mi ci sono messa, nun volìa rimanè zitella! Ma non l’ho mai amato e poi mi tradiva e mi lasciava sempre sola, ma a mia mamma piaceva e che dovevo fare?…”
Ed ora, stanchi della loro vita, sono come approdati ad un porto; giunti al crepuscolo della loro esistenza mostrano fedelmente l’attaccamento verso la loro casa, che vivono come il vincolo col passato da un lato e un asilo sicuro dall’altro, un riparo in cui ostinatamente si rifugiano e si isolano fino ad entrare nel tunnel della solitudine…
Ed è qui che spesso, disperatamente, cercano qualcosa di fermo cui aggrapparsi, qualcosa di non evanescente, di non passeggero, qualcosa che non declina e che non si logora con gli anni, ed ecco che nasce in molti la ricerca di Dio;
Il risveglio del pensiero dell’eternità che è in ogni uomo fin dalla nascita, la valorizzazione della sfera spirituale, il continuo ricorso mentale ad espedienti che giustifichino azioni reputate in coscienza “sbagliate”, per sentirsi degnamente più sicuri di un posto considerato eterno…
questi sono tutti mutamenti che si sviluppano soprattutto nella tarda età, dei cambiamenti che gli anziani inconsciamente apportano nelle loro vite.
E se la legge della vita è il cambiamento, la vecchiaia è da considerarsi un tipo di cambiamento, non necessariamente negativo. I nostri affetti, i nostri anziani, invecchiano irreversibilmente, ma sono sempre i nostri cari; le persone che amiamo, che abbiamo stimato, e con le quali ci siamo anche arrabbiati quando erano loro un po’ meno mesti di aspetto… Ora hanno esigenze e bisogni diversi che prima non emergevano, ma con il progredire dell’età ne hanno lasciati per strada altri che facevano invece parte delle precedenti generazioni, o forse sarebbe più opportuno dire degli stadi precedenti del loro vissuto.
La vita è ciclica, e soggetta a periodi; ogni generazione porta con sé bisogni e risorse ed è soprattutto in quello che viene definito “l’ULTIMO” periodo dell’esistenza che si può agire nella valorizzazione delle infinite risorse “residue” che ancora hanno con sé gli anziani. Non è infatti nel numero delle cose che i nostri “nonni” possono o non possono fare, né nel livello di difficoltà delle cose che fanno, ma è solo nel rispetto dei “ loro tempi” che deve incentrarsi il lavoro… i nostri ritmi sono diversi dai loro, forse a volte troppo frenetici e ciò crea non poche difficoltà relazionali, oltre che a rafforzare in loro la tendenza a vivere nel passato,avendo la sicurezza di qualcosa in cui crogiolarsi.
“Perciò voglio accorciare il passo e fare magari meno strada ma almeno sarò sicura di percorrere lo stesso sentiero”.
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