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L’immigrato e il problema casa

Il problema della ricerca di una casa in Italia non colpisce solo gli immigrati ma anche gli autoctoni (Coin, 2004, pag. 137, di Simona Tra dardi). Questo fenomeno è influenzato da alcuni fattori, come l’alto numero di sfratti, l’alto costo di case in locazione e in proprietà, l’alto valore dei mutui, il rialzo dei canoni, l’aumento della mobilità di lavoro e di studio che creano una domanda abitativa supplementare, il ricongiungimento famigliare degli immigrati.

Le soluzioni proposte a questa problematica sono:
– l’edilizia residenziale pubblica ad affitti sociali a cui possono accedere gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno lavorativo o di carta di soggiorno (ATER);

– la casa di proprietà a costi contenuti (edilizia agevolata);

– le leggi sul controllo degli affitti (Coin, 2004, pagg. 137-138, di Simona Tradardi): Legge n° 392 del 1978 dell’equo canone, completamente riformato ed abolito dalla Legge n° 381 del 1998 che prevedeva un canone quantificato sulla base di conteggi determinati da parametri stabiliti per legge come le dimensioni e lo stato dell’immobile, vetustà dello stato, eccetera. Legge n° 359 del 1992 sui patti in deroga è stato abolito con le Legge n° 431/1998: si tratta della possibilità di adottare un contratto che derogava l’applicazione dell’equo canone, liberalizzando il mercato delle locazioni limitatamente alla misura del canone ma non alle altre disposizioni di legge, per esempio il contratto di quattro anni più altri quattro di rinnovo (Guida all’integrazione degli immigrati in Italia, scheda n° 117).

Il “problema casa” che devono affrontare gli immigrati non consiste solo nel reperimento di un’abitazione, ma anche nella precarietà e nel degrado o nel sovraffollamento di queste ultime; i contratti sono spesso “in nero” e gli affitti onerosi per le loro dimensioni e condizioni. Situazione quasi sempre accettata dagli immigrati perché il mercato immobiliare non fornisce una risposta adeguata alla domanda, inoltre gli immigrati, perché a volte ancora non regolari e in condizioni economiche precarie che non gli consentono di avere un’abitazione dignitosa.

Le discriminazioni che ricevono nel reperire un abitazione avvengono già nel momento iniziale della ricerca: l’agenzia immobiliare, spesso, richiede una cifra molto elevata per la mediazione con il proprietario dell’immobile. Successivamente se il locatore affitta un appartamento a un immigrato impone delle condizioni molto sfavorevoli per lo stesso, sia per il contratto sia per l’affitto (Coin, 2004 pag. 142, di Simona Tradardi).

Le condizioni imposte dal mercato immobiliare portano la segregazione degli immigrati in zone spesso periferiche e degradate, dove gli immobili hanno un prezzo inferiore. In tali zone spesso si formano delle comunità di immigrati connazionali che richiamano i nuovi immigrati, ospitati dai residenti da più tempo. Una delle cause di tale segregazione si può ritrovare ancora negli atteggiamenti discriminanti e razzisti che continuano a dilagare tra gli autoctoni, nonostante il fenomeno immigrazione sia già presente da un trentennio circa, e siano state varate molte norme per l’integrazione degli immigrati che vietano comportamenti discriminanti e razzisti.

Spesso per effetto di tali discriminazioni, esclusioni e segregazioni abitative e associate all’irregolarità degli immigrati, si sta sviluppando e diffondendo sempre di più il fenomeno dei senza tetto. Condizione molto diffusa anche tra i gruppi sociali di autoctoni più svantaggiati che non riescono ad accedere al mercato immobiliare e non riescono a trovare altre soluzioni abitative confacenti alle loro esigenze e possibilità.

In generale le politiche sull’immigrazione in Italia, sono in ritardo e mancano di innovazioni concettuali rispetto agli altri paesi d’Europa. Tale ritardo strutturale di politiche e di risorse è determinato dal fato che l’Italia è un Paese di recente immigrazione. Andando ad analizzare più nello specifico del nostro tema, le politiche abitative sull’immigrazione, oltre alle carenze sopramenzionate, sono state influenzate dal mercato immobiliare che le ha rese inefficienti.

La mancanza di politiche abitative capaci di rispondere adeguatamente alla domanda di abitazione fa sì che l’immigrato inciampi in una lunga serie di ostacoli legali per il reperimento di un’abitazione, per la stipula del contratto d’affitto. Tutto ciò condiziona il loro progetto migratorio, costringendoli a un continuo spostamento in ricerca di un alloggio, quindi a una precarietà abitativa a cui segue una precarietà lavorativa (Coin, 2004, pagg. 175-176, di Filippo Peraza). L’inadeguatezza delle politiche abitative per gli immigrati produce una cronicità delle seguenti situazioni:

– è in aumento la richiesta di alloggi ma il mercato abitativo è rigido

– l’offerta degli alloggi temporanei è insufficiente

– molti contratti non sono registrati e ciò rende gli immigrati più vulnerabili.

La legislazione prevede due tipi di interventi:

– temporanea: strutture d’accoglienza a gestione pubblica o privata, o gli alloggi sociali sempre temporanei (pensionati a prezzi modici);

– a medio-lungo periodo: l’accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica e il credito agevolato, condizione d’accesso è la regolarità del soggiorno ed essere iscritti alle liste di collocamento,preferendo la logica d’emergenza piuttosto che progettuale del lungo periodo per risolvere il problema casa degli immigrati.

Per dare maggior corpo a ciò che ho esposto andrò ad analizzare brevemente le principali leggi, nazionali e regionali (del Friuli Venezia Giulia) sull’immigrazione, che hanno menzionato la politiche abitative, dagli anni novanta fino ai giorni nostri.

La prima legge che diede una risposta al problema abitativo degli immigrati fu la legge 39/1990, detta Leggi Martelli, “Conversione in Legge, con modifica del Decreto Legge 30 Dicembre 1989, n° 416, recanti norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e di soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, disposizioni in materia di asilo”.

In realtà suddetta Legge non ha dato la reale possibilità agli immigrati di trovare un’abitazione, poiché cercava di non far rientrare gli interventi stanziati per gli immigrati come abitativi, infatti, i finanziamenti nazionali, integrati da quelli locali, servirono per creare centri di prima accoglienza temporanei, a cui furono affiancate strutture emergenziali di enti pubblici o privati di natura laica o religiosa sempre di natura temporanea.

I centri d’accoglienza sono strutture regionali, provinciali o comunali gestiti in collaborazione con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, che danno una risposta temporanea ai problemi abitativi degli immigrati regolari soggiornanti in Italia, assicurando servizi sociali, sanitari e culturali. Questi centri temporanei, davano una risposta precaria al problema abitativo degli immigrati, mettendo in moto un processo di precarizzazzione abitativa e sociale degli immigrati (Coin, 2004, pagg. 145-146, di Simona Tradardi).

La condizione di precarietà abitativa degli immigrati strettamente legato a difficoltà a reperire un lavoro stabile, ha limitato loro l’accesso anche all’Edilizia Residenziale Pubblica, che avrebbe permesso loro di ottenere un’abitazione dignitosa, stabile e a prezzi modici.

Seguì la Legge 40/1998, detta Legge Turco-Napolitano, “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”che al Capo III “Disposizioni in materia di alloggi e assistenza sociale”; art. 38 “Centri di accoglienza. Accesso all’abitazione”, afferma che le Regioni, in collaborazione con Province, Comuni e associazioni o organizzazioni di volontariato predispongono centri d’accoglienza destinati ad ospitare cittadini, stranieri comunitari ed extracomunitari regolari, che si trovano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza. Il Sindaco in casi d’emergenza può predisporre l’alloggiamento di irregolari.

Le finalità dei centri d’accoglienza sono di rendere gli immigrati indipendenti nel più breve tempo possibile, provvedendo ai servizi sociali e culturali a favorire l’autonomia e l’inserimento sociale. Le Regioni provvedono a definire i regolamenti dei centri e le convenzioni con enti privati e i finanziamenti.

Per centri d’accoglienza si intendono strutture alloggitive che provvedono anche gratuitamente alle immediate esigenze abitative e alimentari, apprendimento della lingua italiana, formazione professionale e scambi culturali con la popolazione italiana e l’assistenza socio-sanitaria.

Lo straniero regolare soggiornante può accedere ad alloggi sociali, collettivi o privati predisposti secondo criteri previsti dalle Leggi Regionali, nell’ambito di strutture alloggiative in genere organizzate in forma di pensionato, aperte a italiani e stranieri finalizzate a offrire un alloggio dignitoso ed economico, in attesa del reperimento di un abitazione definitiva.

Le Regioni concedono contributi a Comuni, Province, Consorzi di Comuni, enti morali pubblici o privati per opere di risanamento igienico-sanitario di alloggi di loro proprietà o di cui abbiano la disponibilità legale per almeno 15 anni.

I cittadini stranieri regolari che siano iscritti alle liste di collocamento o hanno un lavoro regolare, autonomo o subordinato possono accedere agli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica, ai servizi di intermediazione delle agenzie sociali per crediti agevolati o l’accesso alle locazioni abitative.

Si può annoverare tra le politiche abitative anche l’obbligo del datore di lavoro che assume lo straniero di esibire idoneo documento indicante le modalità della sistemazione alloggiava per il lavoratore (Titolo III “Disciplina del lavoro”, art. 20 Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato).

Successivamente fu emanato il Decreto Legislativo 286/198 “Il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” che, per quanto le politiche abitative, ha ripreso pedissequamente l’art. 38 della Legge 40/1998 al Capo III “Disposizioni in materia di alloggio e assistenza sociale”, art. 40 “Centri di accoglienza. Accesso all’abitazione”. Per dare una panoramica generale agli interventi previsti dalla Legge si può riassumere nel seguente modo: sono stati stanziati fondi per la realizzazione di centri di prima accoglienza, per le diverse attività d’intervento per situazioni abitativa di lunga permanenza, differenziati secondo le esigenze degli immigrati e ai loro diversi stadi di percorso migratorio; gestiti dalle Regioni, dagli enti locali e dal no-profit, secondo le direttive nazionali. In tali direttive possiamo ricordare a titolo esemplificativo i pensionamenti a pagamento; contributi per risanare alloggi di proprietà di Province, Comuni, Consorzi di Comuni, ed enti pubblici o privati; accesso agli immobili di Edilizia Residenziale Pubblica o alle locazione abitativa; al credito agevolato per l’acquisto della prima casa ed infine sistemazione alloggiativi fornita dal datore di lavoro.

Infine è stata varata la Legge 189/2002, detta Legge Bossi-Fini, “Modifiche alla normativa in materia di immigrazione e di asilo” ha ripreso l’art. 40 della Decreto Legislativo 286/1998, modificandolo.

Ha soppresso il periodo che dava la facoltà al sindaco di disporre l’alloggiamento temporaneo nei centri di prima accoglienza di un immigrato irregolare che si trovi in situazioni di emergenza.

Ha introdotto il comma 1-bis: “L’accesso alle misure d’integrazione sociale è riservato agli stranieri non appartenenti a Paesi dell’Unione Europea che dimostrino di essere in regola con le norme che disciplinano il soggiorno in Italia …”.

Ha abrogato anche il comma 5 sulla concessione di contributi per il risanamento di abitazione da destinare a immigrati di proprietà di Comuni, Consorzi di Comuni, Province e associazioni.

Il comma 6 è stato solo modificato, per cui possono accedere agli alloggi Edifici Residenziali Pubblici e ai servizi di intermediazione delle agenzie sociale, solo chi ha una carta di soggiorno o un permesso di soggiorno almeno biennale e ha un regolare lavoro autonomo o subordinato.

Ritengo necessario dare una visione generale dell’evoluzione storica della legislazione nazionale sull’immigrazione fin qui descritta, poiché mi sono soffermata solo sulle politiche abitative. Bisogna partire dalla considerazione che l’immigrato è visto come una minaccia sociale da cui difendersi e le politiche che sono state adottate sono di carattere repressivo e preferenziali. Nonostante le politiche a favore dell’immigrazione si proclamino di integrazione, si è andati sempre di più verso una precarizzazione dell’immigrazione, determinata dal stretto legame che esiste tra permesso di soggiorno e permesso di lavoro, espressione della volontà del legislatori di un turn-over costante di immigrati per diminuire la spesa sociale e massimizzare i costi economici grazie al loro importo lavorativo. Non bisogna dimenticare le pesanti discriminazioni istituzionali che sono costretti a subire gli immigrati, basti pensare le impronte digitali, previste dalla Legge 189/2002, all’ingresso tramite le quote, alla riduzione dei numeri di ingressi per ricongiungimento famigliare, eccetera. Insomma tutti provvedimenti che limitano le libertà e i diritti degli immigrati.

Per quanto riguarda la legislazione regionale del Friuli Venezia Giulia possiamo ricordare la prima Legge, che ha recepito ed attuato Il Decreto Legislativo 286/1998, la Costituzione e normative internazionali, n° 5/2005 “Norme per l’accoglienza e l’integrazione sociale delle cittadine e dei cittadini stranieri immigrati” al Capo IV, “Interventi di settore”, art. 20 “Politiche abitative”.

La Regione favorisce l’acquisto della prima casa in proprietà e l’accesso alle locazioni a uso abitativo ai cittadini stranieri immigrati a parità degli italiani.

Nell’attuazione di politiche abitative, le Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale (ATER), le Province, i Comuni ricercano la massima integrazione tra italiani e stranieri.

Con un accordo di programma la Regione, le Province ed i Comuni disciplinano la realizzazione di programmi integrati per soddisfare esigenze abitative correlate all’inserimento abitativo e di formazione.

L’Amministrazione Regionale concede contributi a Comuni, ATER, e associazioni ed enti per la costruzione, l’acquisto e la riqualificazione di immobili da destinare agli immigrati.

Come abbiamo potuto notare da questo breve panoramica legislativa nazionale e regionale sull’accesso alle abitazioni, le possibilità degli immigrati per acquistare o affittare una casa diventano sempre più difficili e restrittive rispetto a un decennio fa, anche a causa delle restrizioni, per gli immigrati extracomunitari, nell’accesso nel nostro Paese, che li portano sempre di più verso una condizione di precarietà e quindi di clandestinità.

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