La filiazione: leggi e concetti fondamentali per la tutela della prole nell’ambiente familiare. (2^parte)
IL PRINCIPIO DELL’UNICITÀ DELLO STATO DI FIGLIO
Il principio dell’unicità dello stato di figlio, introdotto con la legge delega n. 219 del 2012, è la struttura portante su cui si fonda tutta la Riforma, comprendente le varie modifiche al codice civile e le leggi speciali che sono state introdotte con il successivo decreto attuativo n.154 del 2013. Dal 2 gennaio 2013 tutti i figli hanno lo stesso status: non ci sono più figli legittimi e naturali ma, solo figli. Questo principio viene enunciato all’interno dell’art 315 del codice civile, che ha sancito che “ Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico” (art. 1, co. 7), introducendo così l’unicità dello stato giuridico della filiazione. Con questa disposizione il legislatore ha voluto far riferimento nell’intitolazione e nel contenuto, allo status giuridico dei figli e a come esso possa incidere per via diretta e immediata anche sugli altri status familiari. L’intento, infatti, è quello di eliminare ogni sorta di discriminazione ed avere un’uguaglianza giuridica. L’unificazione dello stato di figlio è la risposta alla moderna concezione del diritto di famiglia, la quale non tollera più le discriminazioni basate sulla nascita o legate alla condizione di famiglia, non più intesa come istituzione, ma come persona con i suoi diritti fondamentali10. Oltre al principio di unicità di stato di figlio, all’interno della Riforma, infatti, viene individuato un pilastro riguardante i diritti fondamentali del figlio i quali vengono enunciati all’interno dell’art. 315 bis c.c., dove si pone particolare attenzione all’uguaglianza. Ciò permette di considerare il minore come un soggetto titolare di quell’insieme di situazioni giuridiche soggettive, attive e passive legate alla filiazione, prescindendo cosi da ogni considerazione legata alle origini. Questo principio, quindi, ha eliminato ogni residua distinzione e discriminazione tra i figli nati in costanza e al di fuori del matrimonio, in forza del quale la condizione giuridica della filiazione è tutelata in ogni ordine di rapporto come valore autonomo e indipendente dal vincolo esistente tra i genitori. Esso non intende svalutare il matrimonio, ma vuole considerare il rapporto di filiazione come valore “originale e non dipendente”, garantendo la piena uguaglianza dei figli, le distinzioni non sono di nascita ma basate sulla circostanza che i genitori siano o meno coniugati. Il principio di unificazione dello stato di figlio opera a vari livelli: nel diritto sostanziale, nel processuale, nel diritto intertemporale, nel sistema e nell’architettura del codice civile e del linguaggio. Nel diritto sostanziale, la Riforma ha eliminato le disparità, l’assenza di parentela per i figli nati fuori dal matrimonio e l’irriconoscibilità dei figli nati da parenti, che all’interno del codice erano chiamati incestuosi. La Riforma ha apportato delle modifiche all’art. 74, secondo cui, i rapporti giuridici di parentela, si istauravano solamente se il figlio era nato all’interno del matrimonio, creando così una forte discriminazione per i figli naturali. Per la legge, i figli nati da genitori non coniugati, avevano rapporto di parentela solamente con gli ascendenti. Con tale modifica ai figli nati al di fuori di fuori del matrimonio, viene riconosciuto il diritto alla parentela con i familiari dei genitori. A livello processuale, la Riforma, con la modifica all’art. 38 delle disposizioni del codice civile, ha ridefinito le competenze del Tribunale dei minorenni e del Tribunale ordinario, eliminando la differenziazione delle competenze relative ai minori nati all’interno e all’esterno del matrimonio. Essa ha attribuito: al Tribunale dei minorenni, le competenze concernenti, l’affidamento dei minori e al Tribunale ordinario, le materie specifiche come quelle riguardanti il diritto degli ascendenti. Nel diritto intertemporale, la disciplina transitoria contenuta nell’art. 104 del decreto attuativo, consente che i diritti successori possono essere fatti valere retroattivamente, per i minori che siano nati prima o dopo l’entrata in vigore della legge, garantendo così un trattamento egualitario. Per quanto riguarda il livello lessicale, l’obiettivo della legge è di garantire l’eliminazione della distinzione terminologica (discriminazione sostanziale), per far si che non vi siano più delle espressioni linguistiche, che identifichino lo status di una persona. Le modifiche inerenti all’ambito lessicale, insieme agli altri livelli, hanno consentito di completare l’unificazione dello stato di figlio, determinando “un’unificazione sistematica”. Ciò ha portato il legislatore ad apportare delle modifiche all’interno della struttura del codice civile, dove sono state accorpate delle discipline riguardanti l’affidamento del minore. Attraverso l’unificazione avvenuta con il d.lgs. n. 154 del 2013, si è riusciti «ad eliminare la discriminazione sistematica ed inquadrare il minore come persona umana».
Riferimenti bibliografici
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C. M. Bianca, La famiglia, Estratto per i corsi universitari dalla quarta edizione del diritto civile, vol. 2, Milano, 2005. G. BALLARANI e P. Sirena; Le nuove leggi Civili commentate, estratto, Il diritto dei figli di crescere in famiglia e di mantenere rapporti con i parenti nel quadro superiore interesse del minore. P.
Giannino e P. Avallone, I servizi di assistenza ai minori, L’adozione, L’affidamento, L’adozione e la nuova adozione internazione, I minori abusati, La messa alla prova, La riforma dei servizi sociali, Le figure professionali, Bologna, 2000. Ardesi e S. Filippini; Il servizio sociale e le famiglie con minori, Prospettive giuridiche e metodologiche, Roma, 2013.
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