Il testamento biologico: quale ruolo per il servizio sociale?
Il tema che propongo in questo articolo in realtà è da parecchi mesi al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica e della politica. Indicato con l’espressione inglese living will, è tradotto con molteplici forme: testamento biologico, testamento di vita, direttive anticipate, volontà previe di trattamento. Il tutto per indicare come una persona possa autodeterminarsi, prima che particolari situazioni mettano a rischio la propria vita.
Il testamento biologico vuole essere un documento scritto per garantire il rispetto della propria volontà, in caso di incapacità di intendere e di volere, in materia di trattamento medico: somministrazione di farmaci, sostentamento vitale, rianimazione. Nonostante la legge ordinaria italiana non abbia ancora sancito la validità di questo documento, un fervoroso movimento culturale, politico, filosofico, sociale, religioso, medico sta esercitando una notevole pressione affinché venga ratificato.
Sono in discussione sia alla camera sia al senato rispettivamente cinque e otto proposte di legge sulle direttive anticipate di fine vita.
Con questo articolo mi piacerebbe dare un contributo sia alla riflessione, sia mi auguro all’operatività inerente la professione dell’assistente sociale.
Mi sono chiesto: come l’assistente sociale può entrare nel dibattito e soprattutto come può collocarsi nel terreno dell’operatività?
Il codice deontologico dell’assistente sociale all’art. 6 recita:
“La professione è al servizio delle persone, delle famiglie, dei gruppi, delle comunità e delle diverse aggregazioni sociali per contribuire al loro sviluppo; ne valorizza l’autonomia, la soggettività, la capacità di assunzione di responsabilità…”
Come non dovrebbe la professionalità dell’assistente sociale collocarsi in un momento così cruciale della vita delle persone?
Sempre più si parla e si sente discutere di nuove povertà. Quale povertà più grande di quella di un essere umano ridotto ad una vita dipendente permanentemente da macchine? Il servizio sociale è chiamato a offrire una risposta di liberazione da ogni condizione di bisogno e povertà estrema.
La Costituzione riconosce a ciascuno di poter esprimere le proprie idee e di affermare la propria libertà, ma l’esercizio di questo diritto in particolari situazioni non è riconosciuto alla persona. Così recita all’art. 32
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Il codice deontologico dell’assistente sociale pone tra i principi della professione l’autodeterminazione delle persone. Così recita all’articolo 11:
“L’assistente sociale deve impegnare la sua competenza professionale per promuovere la piena autodeterminazione degli utenti e dei clienti, la loro potenzialità ed autonomia, in quanto soggetti attivi del progetto di aiuto.”
Ora il mio tentativo in queste poche righe è proprio quello di sussurrare una risposta a questo principio. Come può l’assistente sociale supportare una persona ad autodeterminarsi alle frontiere della vita? E’ possibile scegliere in modo consapevole e libero come affrontare le incognite del futuro? Nessuno deve scegliere per noi, neanche alla conclusione della vita.
In data 28 aprile 2006 il Consiglio Nazionale forense ha espresso parere favorevole alla redazione del testamento biologico in forma di scrittura privata raccolta a titolo gratuito dall’avvocato, dal medico o dal mandatario anziché effettuata per atto di notaio. Perché non potrebbe essere anche l’assistente sociale, professionista dell’aiuto, a raccogliere le intenzioni di fine vita di una persona?
Per attuare il suo intervento e quindi per dar vita al testamento biologico, l’assistente sociale possiede degli strumenti che si possono considerare tipici della professione sociale. In particolare: il colloquio, il contratto, la visita domiciliare.
– Il colloquio ritengo sia lo strumento più efficace per esternare le proprie direttive di fine vita. Può avvenire in ospedale o al domicilio.
– La visita domiciliare, un modo per toccare con mano il contesto nel quale il malato vive o è ricoverato: ospedale, hospice, propria abitazione.
Fine ultimo di questo colloquio e visita alla persona nel contesto in cui si trova a vivere è la riappropriazione della vita attraverso l’esternalizzazione della propria volontà ratificata attraverso uno scritto: un contratto. Il testamento biologico è una forma di contratto. Esso è strumento principe del servizio sociale finalizzato alla costruzione di un progetto d’intervento, di un piano concreto di lavoro attuato assieme alla persona.
Il testamento biologico non è un argomento facile, a nessuno fa piacere doversi occupare dei dettagli della propria dipartita da questo mondo. Eppure il modo in cui vorremmo lasciare questo mondo prima o poi ci toccherà da vicino, per questo una legge è necessaria al di là degli orientamenti politici o ideologici o religiosi, unicamente nell’interesse della persona, della sua dignità e dei suoi diritti civili.
Tutti noi ci aspettiamo una legge che serva a rendere effettivi i diritti di chi si trova alle frontiere della vita, ad alleggerire le spalle dei familiari dal peso di decisioni gravose e a tutelare l’operato dei medici. Una legge non solo è utile ma indispensabile. Ciò che si deve garantire è il diritto dei cittadini a decidere per se stessi. Se non esiste la possibilità di dare delle indicazioni sulle terapie che siamo disposti ad accettare nel caso in cui non ci potessimo esprimere, corriamo il rischio di essere sottoposti a cure che non condividiamo, che non avremmo voluto per noi stessi.
Credo che l’ultima parola debba averla la persona: per questo è necessaria una legge che chiarisca bene i termini e consenta a tutti di decidere della propria vita, anche a chi è non più nelle condizioni di esprimersi.
Il diritto di decidere della propria vita è parte integrante il corpus fondamentale dei diritti individuali: il diritto di formarsi o non formarsi una famiglia, il diritto alle cure mediche, il diritto a una giustizia uguale per tutti, il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla procreazione responsabile, il diritto all’esercizio del voto, il diritto di scegliere il proprio domicilio.
A mio avviso quando sarà approvata la legge, speriamo in tempi brevi, l’assistente sociale potrà supportare una persona ad autodeterminarsi alle frontiere della vita, avrà un ruolo importante in questo terreno così impervio e scivoloso, e potrà contribuire al miglioramento della politica e della qualità della vita delle persone.
Secondo anche quanto indicato dal Consiglio nazionale forense, e secondo il mio parere l’assistente sociale, professionista dell’aiuto è abilitato per competenze e formazione a raccogliere le intenzioni di fine vita di una persona, affinché le decisioni riguardanti la propria vita non siano delegate ad altri.
Da un sondaggio promosso dalla fondazione Veronesi è emerso che il 60% degli intervistati identifica correttamente cos’è il testamento biologico. La campagna di sensibilizzazione in atto e mi auguro anche il contributo di questo lavoro, possa incrementare il numero di persone che conosce il contenuto e il valore di questo strumento, affinché nessuno scelga e decida per noi e nello stesso tempo sia uno stimolo affinché anche il servizio sociale elabori una riflessione e una proposta operativa.
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