Società in rete e nuovi rischi: il Cyberbullismo
Amanda Todd, 15 anni. Carolina Picchio, 14 anni. Morte suicide per aver ricevuto offese e denigrazioni on line. Ma Amanda e Carolina sono solo due delle numerose vittime che il cyberbullismo 1 ha provocato.
Secondo l’Indagine conoscitiva sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, condotta da Eurispes e Telefono Azzurro nel 2012, più di un bambino su 10 riferisce di aver trovato online sue foto private (12,4%) o sue foto che lo mettevano in imbarazzo (10,8%); l’8,3% ha visto pubblicati in Rete video privati, il 7,1% rivelazioni su propri fatti personali, il 6,7% video in cui egli stesso era presente che lo hanno imbarazzato. Ancora, il 7,8% ammette che un proprio amico/a si è trovato in pericolo per aver inviato via Internet le proprie password, il 6,8% per aver inviato il numero del proprio cellulare, il 6,4% il proprio indirizzo di casa, il 5,1% una foto di una persona nuda, il 4,2% il numero di carta di credito, il 2,5% la foto di se stesso nudo.2
A questo si aggiungono pagine Internet contenenti immagini di nudo (16%), siti che incitano alla magrezza (13%) e siti con contenuti razzisti e xenofobi (12,2%).3
L’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, progetto di comunicazione web del Dipartimento per le Pari Opportunità, definisce il cyberbullismo come una forma del più ampio fenomeno del bullismo che si manifesta a livello elettronico ossia quando dal piano reale si sposta su quello digitale, con la diffusione di sms, e-mail, messaggi in chat, immagini, mms, video che sono offensivi o non rispettosi della riservatezza e della dignità altrui.4
Il cyberbullismo, dunque, come nuova frontiera della devianza giovanile basata sull’uso di internet e del telefonino come armi di offesa e violenza fra pari5, che si caratterizza per anonimato (nella maggior parte dei casi); difficile reperibilità del cyber bullo; facilità di espressione e nessun filtro su temi quali la sessualità, il sesso, il corpo e assenza di limiti spaziotemporali (cyberspazio).6
Due le principali tipologie attraverso cui si mettono in atto persecuzioni on line: le cyber minacce e il cyberstalking 7. Nel primo caso, trattasi di messaggi inviati ad una persona o a gruppi allo scopo di esercitare violenza sulle vittime designate. Violenza che, spesso, si traduce con l’auto-inflizione di ferite (forme di autolesionismo).8
Il cyberstalking, invece, è una variante dello stalking tradizionale in cui l’intimidazione avviene nell’ambiente telematico, dove può avvenire anche una violazione della privacy del soggetto/vittima.9
Al contrario del bullismo, inteso come “un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona – o da un gruppo di persone – più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole 10, il cyberbullismo rappresenta una pericolo latente, intenzionale, sistematico 11, che affonda le sue radici nello sviluppo e nell’utilizzo dei new media da parte del mondo giovanile e, allo stesso tempo, nella più generale vita sociale disgregata (di tipo familiare, affettivo ed educativo) degli stessi ragazzi.
Il fenomeno è sicuramente multi-causale. Da considerare, infatti, sono alcuni elementi fondamentali quali il contesto familiare e la qualità delle relazioni affettive madre-bambino; 12 il contesto socio-culturale e la qualità delle relazioni sociali con il gruppo dei pari e con l’adulto; gli aspetti identitari e relazionali, nella definizione della propria identità e del riconoscimento dell’altro di diverso da sé; gli aspetti socio-cognitivi e l’elaborazione delle informazioni sociali.13
A ciò si aggiunge, nella società della rete, il più fruibile, facile ed incontrollato accesso alle nuove tecnologie e lo sviluppo dei social network.
Ma chi sono innanzitutto i cyber bulli? E’ possibile fare un loro identikit?
Coie sostiene che un soggetto in evoluzione può presentare una personalità dominate/aggressiva per cui si è ostili e non empatici verso gli altri;14 Boulton&Underwood sostengono che l’adolescente è alla ricerca di sensazioni ed emozioni forti e, per questo, indotto all’offesa dell’altro.15
Bandura parla di profilo “gregario” ossia l’individuo tende a non rispettare le regole e le norme sociali, presentando elevati livelli di ansia ed insicurezza.16
E la vittima? Di solito, essa presenta scarsissime doti di resilienza e problem solving è insicura e chiusa e passiva.17
Mentre parla di funzione di “capro espiatorio”, ruolo che la vittima ricoprirebbe “appositamente” nel gioco delle parti.18
O ancora, il soggetto può sminuirsi, considerarsi esso stesso incapace ed insicuro, non valevole di nulla, quasi a provocare l’aggressività altrui (la quale resta comunque ingiustificata) come elemento e strumento di difesa proprio dagli altri.19
Per evitare che la rete diventi ulteriore luogo di criminalità, è necessario che la famiglia e le agenzie educative diffondano una cultura dell’educazione ai media che si concentri sia sulle opportunità ma anche e soprattutto sui rischi degli stessi, quando usati in modo distorto.
E’ la prospettiva della Media Education quella che va approfondita nella società attuale, in modo da creare un ponte fra genitori – figli e insegnanti. Assumere responsabilità e consapevolezza critica rispetto alle relazioni sociali sempre più deboli e rispetto all’utilizzo della rete che impone nuove emergenze di tipo educativo.
Fare in modo che i ragazzi non siano in bilico fra l’essere on line o l’essere off line ma che Siano e Vivano la realtà che li circonda senza averne paura, senza dover scappare e senza offendere l’altro senza remore.
NOTE
1- Anche detto e-bullying, electronic bullying, sms bullying, mobile bullying, on-line bullying, digital o Internet bullying.
2- Eurispes e Telefono Azzurro, Indagine conoscitiva sulla condizione dell’Infanzia e dell’Adolescenza in Italia, 2012, p. 6. A tal proposito si veda un nuovo fenomeno collegato al bullismo in rete, il cosiddetto sexting ossia l’invio e/o la ricezione e/o la condivisione di testi, video o immagini sessualmente esplicite/inerenti la sessualità.
3- Ibidem, p. 7
4- http://www.osservatoriopedofilia.gov.it/
5- Gallina A., (a cura di), Dentro il bullismo. Contributi e proposte socio-educative per la scuola, Franco Angeli, Milano, 2009, p. 72
6- Flaming; Molestie (harassment); Denigrazione (put-downs); Sostituzione di persona (masquerade); Rivelazioni (exposure); Inganno (trickery); Esclusione (Exclusion) sono solo alcune manifestazioni dello stesso macro fenomeno.
7- Breguet T., Cyberbullying, The Rosen Publishing Group, New York, 2007, pp.8-10
8- Le minacce di questo tipo possono essere dirette (fisiche) ed indirette (relazionali).
9- Ibidem, p. 73
10- Si ricorda che il verbo inglese to bully significa letteralmente “angariare, opprimere, tiranneggiare”, così come il sostantivo bully indica una persona prepotente, un bullo. Si veda la prospettiva di Farrington, 1993.
11- Olweus, 1993; Coie e Dodge, 1998; Smith et al.,1999
12- Si vedano le teoria di Bowlby, 1969 e di Ainsworth, 1978.
13- DODGE K. A., COIE J. D., PETTIT G. S., PRICE J. M., Peer status and aggression in boys’ groups: Developmental and contextual analyses, in “Child Development”, 61, 1990, pp. 1289-1309. DODGE K. A., PETTIT G. S., BATES J. E., Socialization mediators of the relation between socioeconomic status and child conduct problems, in “Child Development”, 65, 1994, pp. 649-665.
14- La capacità di tessere relazioni soddisfacenti all’interno del proprio nucleo familiare e con i pari rappresenta un indicatore fondamentale e positivo dello sviluppo delle capacità socio-cognitive e affettive del bambino in assenza del quale il soggetto può manifestare un comportamento ai limiti dell’antisocialità. Si veda: D’ALESSIO M., SCHIMMENTI V., CHERUBINI A., MUELLER E., Valutazione del rischio in età scolare: relazione con adulti e pari, Gnocchi, Napoli, 1996.
15- E’ il concetto di sensation seeker (cercatore di sensazioni) ossia un tipo di personalità che ricerca costantemente sensazioni nuove e intense anche a costo di correre rischi per ottenerle. Zuckerman M., Are You a Risk Taker? What causes people to take risks? It’s not just a behavior. It’s a personality, published on www.psychologytoday.com on November 01, 2000 – last reviewed on July 17, 2012.
16- Esperienze precoci di rifiuto possono indurre il bambino ad associarsi ad altri pari altrettanto esclusi socialmente, creando in tal modo gruppi devianti. Si veda, nello specifico, il concetto di “disimpegno morale” in Bandura. BANDURA A., BARBARANELLI C., CAPRARA G. V., PASTORELLI C., Multifaced impact of self-efficacy beliefs on academic functioning, in “Child Development”, 67, 1996, pp. 1206-1222. Il rifiuto sociale e l’aggregazione con i pari devianti costituiscono due fattori tra loro strettamente interconnessi: esperienze precoci di rifiuto possono indurre il bambino ad aggregarsi con altri pari altrettanto emarginati, creando così gruppi devianti.
17- Si veda il concetto di Bandura di self – efficacy. In Bandura A., Self efficacy: toward an unifying theory of behavioral change, in Psychological Review, 84, 1977, pp. 191-215.
18- Dollard J., Frustrazione e aggressività, Giunti, Firenze, 1967, p. 13
19- E’ quella che viene definita, in ambito psicologico, profezia che si auto avvera.
Gent.le collega, concordo con tutto quanto scritto nel Suo articolo. Se vuole approfondire l’argomento della Media Education, le segnalo la pubblicazione recente del mio ebook: “Bullismo: strumenti di prevenzione dell’operatore sociale”, l’argomento è approfondito nel primo capitolo. Troverà il link nell’articolo presente in questo blog “Stop al bullismo”. La saluto cordialmente.
Commento by Lina Daniela — 29 Maggio 2014 [Permalink]
Gent.le collega, farò sicuramente tesoro del suo contributo che andrò subito ad approfondire…ritengo sia doveroso in quanto educatori,essere preparati sulle nuove sfide che la tecnologia impone a noi tutti…saluti e grazie!
Commento by Mariangela — 29 Maggio 2014 [Permalink]