Contrasto all’emarginazione e forme di aiuto: quotidianità del fenomeno ed attori sociali (II parte)
Esclusione, Emarginazione e Marginalità sociale.
Definizioni, studi sociologici, approcci e teorie.
Il lavoro può cominciare con due domande: Che cosa vuol dire esclusione sociale? Da dove nasce questo termine?
Il concetto è nato solo recentemente ed è stato introdotto definendolo come una combinazione ottenuta dalla somma di tre diversi fattori: la mancanza di risorse economiche, l’isolamento sociale e l’accesso limitato degli individui ai diritti sociali e civili. Per chiarire questo tema è necessario analizzare la crisi economica degli anni 1970-1980 e a ciò che successe in Francia in quell’epoca. Qui, il termine esclusione sociale fu utilizzato per riferirsi a diversi tipi di svantaggio sociale, collegati a problemi sociali quali la disoccupazione e lo sviluppo dei ghetti. Proprio all’interno di tali ghetti, erano presenti grandi gruppi di persone che vivevano in gravi condizioni di povertà. Solo alla fine degli anni 1980, il concetto di esclusione sociale si diffuse nel resto dell’Europa.
Un’altra domanda: Esistono nel mondo degli esperti che hanno trattato questo fenomeno?
Diversi sociologi, attraverso i loro studi, hanno affrontato l’argomento dell’esclusione sociale introdotto in quegli anni. Tra i quali: Castel, Kronauer, Paugman e Silver.
Il primo autore è Castel.
Egli descrisse un modello dove l’esclusione sociale coinvolse il processo dinamico tripartito, che era strutturato in tre fasi: la prima fase è la piena integrazione; la seconda fase è l’occupazione insicura e le relazioni sociali vulnerabili; la terza fase è la totale perdita delle relazioni sociali. In questo processo, l’esclusione sociale è all’incrocio di due assi: l’asse economico (l’integrazione lavorativa, il lavoro sicuro e la piena indipendenza) attraverso un processo di crescente insicurezza e temporaneità occupazionale, fino all’esclusione dal mondo del lavoro; e l’asse socio-relazionale (da network sociali stabili all’isolamento sociale). Nell’incontro tra questi due assi, si ha la zona della vulnerabilità, all’interno della quale la vita lavorativa è precaria e le relazioni sociali sono fragili. Castel mette in guardia il lettore dall’identificare le banlieue come dei ghetti ed i giovani rivoltosi come degli esclusi: i quartieri non sono stati abbandonati ed i giovani rivoltosi delle periferie possedevano in larga maggioranza cittadinanza politica e sociale. Sono giovani di cultura francese, che si ispirano a modelli francesi ed aspirano ad una vita “normale”. È stato proprio il vedersi preclusa la strada per raggiungere questi obiettivi, a scatenare la disperazione. I giovani delle banlieue sono “cittadini, sono inscritti nel territorio francese e nondimeno subiscono un trattamento differenziale che li squalifica”.
Il secondo autore è Kronauer.
Per dare la sua definizione di esclusione sociale, pose l’attenzione sulla crisi dell’occupazione dei lavoratori in fabbrica a bassa qualifica, la quale provocò l’aumento dei tassi di disoccupazione. Affrontando il paradigma di esclusione-inclusione, Kronauer sostenne che «l’esclusione sociale è sempre legata alla disoccupazione – sebbene la disoccupazione non sia necessariamente il punto di partenza per l’inclusione sociale – e che essa è data soltanto se si sperimentano allo stesso tempo, sia una posizione economica marginale, che l’isolamento sociale».
Il terzo autore è Paugam.
Egli vide l’esclusione come il processo di disqualification sociale. Venne strutturato in tre fasi. Nella prima fase: la fragilità è intesa come un’insicura connessione alla vita lavorativa, pur mantenendo i vincoli sociali; nella seconda fase: la situazione materiale peggiora e l’individuo necessita di aiuto economico (è in questa dove egli si sente scoraggiato, ma i vincoli sociali restano intatti); nella terza fase: il totale sfacelo dei legami sociali, quindi il mancato accesso alle relazioni sociali provoca insicurezza ed incapacità dell’individuo nel processo di identificazione sociale. Da questo processo di disqualification sociale, Paugam trasse la conclusione che ogni persona dovesse attivare un processo di auto-considerazione della propria identità e del proprio status sociale.
L’ultimo autore è Silver.
Individuò tre paradigmi. Il primo è il paradigma di solidarietà: nel quale si ha l’indebolimento dei legami sociali tra l’individuo e la società e dove l’esclusione è contrapposta all’integrazione; il secondo è il paradigma di specializzazione: esiste la supposizione che la società si possa basare sugli individui, intesi come dei messaggeri di diritti e di doveri, qui l’esclusione è vista come la discriminazione ed il fallimento del mercato; mentre il terzo è il paradigma di monopolio: parla dell’ordine sociale obbligatorio, regolato da relazioni basate sul potere gerarchico. Silver affronta pure il tema della chiusura sociale dei gruppi e del divieto d’accesso degli outsider, per mantenere le ineguaglianze. Introduce successivamente l’aspetto positivo che contrasta l’esclusione, cioè il concetto di inclusione attraverso tre modalità: i diritti di cittadinanza; l’espansione dell’uguaglianza dei diritti di cittadinanza e la piena partecipazione sociale degli outsider.
BILIOGRAFIA
Castel R. (1994), De l’indigence à l’exclusion: La désaffiliation, in J. Donzelot (Ed.), Face à l’exclusion: Le modèle français, Paris, Edition Esprit.
Kronauer M.W. (1999) “Social exclusion” and “underclass”. New concepts for the analysis of poverty. In Andreβ J.H. (a cura di). Empirical Poverty Research in a Comparative Perspective. Aldershot, Ashgate.
Paugman, S. (1996), “Poverty and social disqualification. A comparative analysis of cumulative social disadvantage in Europe”, Journal of European Social Policy.
Silver H. (1994), Social Exclusion and Social Solidarity: Three Paradigms, International Labour Review, vol.133.
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