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Sfumature del vissuto quotidiano dei minori: un terreno minato, tra devianza e rischio di criminalità. La prevenzione ed i processi di inclusione sociale (I parte)

Una persona, durante tutto il periodo di crescita, si trova a vivere esperienze di gioia ma anche di fallimento, dove le incertezze predominano ed il disagio è sempre presente, anche se non viene spesso esplicitato dai soggetti direttamente coinvolti.

Il preadolescente e l’adolescente restano quindi confusi dai rapidi cambiamenti che li riguardano: non solo nella loro fisicità; ma anche il loro modo di pensare, la percezione del sé e soprattutto il loro rapporto con le proprie figure di riferimento. Di fronte a questi cambiamenti, così radicali da affrontare e di fronte a scelte così impegnative da compiere, il ragazzo vive o può vivere, con grande disagio ed ansia, il proprio processo evolutivo. Anche il bambino, che si trova in una situazione di disagio più o meno rilevante, si sente travolto da contraddizioni e da conflitti interpersonali (con la madre, con il padre, con i fratelli o con le sorelle, con gli altri bambini) e si scontra, per la prima volta, con la realtà dell’insuccesso. Può scatenarsi quindi una confusione interiore, in cui si incontrano desideri aggressivi e sensi di colpa.
Nella realtà di oggi, non c’è un’infanzia ed un’adolescenza che vive senza disagio il suo processo di sviluppo della crescita, ma esistono un’infanzia ed un’adolescenza “problematica”, che vive una o più condizioni di difficoltà e deve essere quindi sostenuta. In alcuni casi, le normali condizioni di difficoltà sono molteplici e dense di contraddizioni e si aggiungono situazioni di insufficienze individuali, familiari e sociali che mettono a rischio il processo di crescita, facilitando così la trasformazione del disagio in devianza.
Alfredo Carlo Moro1riconduce il disagio ad una serie di condizionamenti e di fattori

– Avvento di una società di anziani.
– Crescente crisi della famiglia.
– Urbanizzazione. Affollamento; abbassamento della qualità della vita; anonimia e contesto non adatto alle esigenze dell’infanzia (limitazioni alla vita fisica, sottrazione di spazi di gioco, iperdipendenza dai media elettronici).
– Consumo televisivo.
– Pluralismo e tecno-centrismo. Esposizione alla “ambivalenza” ed al rischio; difficoltà nella costruzione della “soggettività, cioè dell’autocoscienza che l’uomo ha di se stesso, dei suoi rapporti con gli altri e con il mondo”.
– Equivoci educativi.Alternarsi di atteggiamenti rinunciatari e manipolativi, dovuti alla personalità fragile, insicura e priva di riferimenti interiori degli adulti con responsabilità educative.
In riferimento all’Italia2, si può parlare di categorie di bambini.
– Bambini abbandonati: cioè minori privati di un serio e di un costruttivo rapporto relazionale con il proprio o i propri genitori.
– Bambini abusati: cioè minori in situazione di violenza familiare.
– Bambini sfruttati: cioè minori e lavoro, pedofilia, utilizzo a scopi criminali, impiego a fini pubblicitari.
– Bambini colonizzati: cioè minori con imposizione di “identità posticce”, per soddisfare aspirazioni e/o frustrazioni degli adulti.
– Bambini dimenticati ed indifesi: cioè minori verso i quali c’è inefficienza ed indifferenza dei servizi sociali, ma anche incomprensione da parte delle istituzioni educative.
– Bambini invisibili: cioè minori nomadi, immigrati, rifugiati, scappati ed evasori scolastici.
– Bambini negati: cioè minori in “precocissima omologazione all’età adulta”, schiacciamento della preadolescenza sulle età precedenti e successive.
Davanti a questo panorama, caratterizzato da una qualificazione negativa della condizione di minore, è opportuno ed indispensabile che lo Stato, la collettività, le organizzazioni e le associazioni si mettano in gioco per attuare specifici e mirati interventi di sostegno e di recupero nei confronti dei minori.
Il quadro propositivo che segue, riassume alcune possibili linee di intervento e di orientamento 3
Sul piano polemico-oppositivo: si può reagire alla tendenza della deregulation4 e alla privatizzazione dei diversi bisogni personali di ogni soggetto; limitare le soluzioni facili e meno reali; eliminare la frammentazione e la sconnessione di competenza ed azioni; non avere più la spettacolarizzazione e l’improvvisazione.
Sul piano costruttivo-propositivo: si può recuperare e sostenere la famiglia nella sua accezione positiva; dare spazio all’ascolto dell’infanzia; combattere la cultura dell’indifferenza e della debolezza morale.
Favorire l’integrazione: tra i vari settori interessati all’attenzione e all’assistenza, nella sua accezione completa, dei minori.
Potenziare la formazione, iniziale ed in servizio, di tutti gli operatori.
Istituire sistemi di rilevazione, continua, dei bisogni.
Diffondere in tutti l’attitudine e la competenza a forme interdisciplinari di intervento e di lavoro.

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Note
1- A.C. Moro, Il bambino incompiuto nella società complessa del 2000, in “La Famiglia”, XXI (1987) 125, pp. 32ss

2- A.C. Moro, La condizione dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia, in “La Famiglia”, XXVI (1992) 153, pp. 25ss.

3- A.C. Moro, Gli abusi sui minori, in “La Famiglia”, XVII (1983) 98, pp. 28ss.

4- Processo di snellimento di norme e regolamenti originariamente intesi a regolare, nell’interesse pubblico, determinati settori dell’attività economica. Questo tipo di regolazione a sua volta, si riferisce di solito a settori di pubblica utilità (telefoni, gas, elettricità, acqua, trasporti), a servizi finanziari (dalle banche alla Borsa), a mercati particolarmente sensibili (mercato del lavoro) e a esternalità , come nel caso delle regole antinquinamento. Negli ultimi decenni del Novecento in molti paesi vi è stato un graduale passaggio, per quanto riguarda i servizi di pubblica utilità, dallo “Stato produttore” allo “Stato regolatore”. Questi servizi sono stati privatizzati, ma le modalità di fornitura e le tariffe vengono decise dallo Stato attraverso apposite Agenzie di regolazione. Da Enciclopedia Italiana Fondata da Giovanni Treccani S.p.A.

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