Sfumature del vissuto quotidiano dei minori: un terreno minato, tra devianza e rischio di criminalità. La prevenzione ed i processi di inclusione sociale (V parte)
Questioni di prevenzione
Nell’ambito dei minori, l’azione preventiva principale è l’educazione preventiva. Si intende la forma di educazione per preservare i minori da carenze sul piano della personalità e della socializzazione, rilevando anche gli eventuali fattori di rischio nello sviluppo evolutivo del soggetto nel prevenire comportamenti devianti. Parlando di responsabilizzazione, rieducazione e successivo reinserimento sociale, ripensiamo anche alla prevenzione intesa appunto come un “fare qualcosa in anticipo”, prima del probabile e del possibile susseguirsi degli eventi o prendere le relative precauzioni, perché il problema sia evitato.
La prospettiva che entra in gioco è la reiterazione antisociale: il focus preventivo agisce sull’impedire le ricadute criminali, sull’evitare l’aggravamento e sull’interruzione della continuità antisociale. Evitare che individui manifestino primariamente forme di antisocialità, sia evitare che individui antisociali persistano in una traiettoria delinquenziale. Gli strumenti del lavoro preventivo si riassumono in quattro aree di intervento: animazione ed aggregazione, servizi di orientamento e di sostegno educativo, il gruppo di discussione, la consultazione psicologica.
1. Animazione ed aggregazione: sono attività la cui iniziativa deve avere un inizio, una fase intermedia ed una conclusione. Permettono ai partecipanti di:
– essere i protagonisti dell’iniziativa, attraverso una collaborazione alla sua progettazione. I soggetti sono messi di fronte a problemi decisionali confrontandosi con una realtà specifica, con risorse e possibilità definite, con l’assunzione di responsabilità;
– costruire un prodotto-iniziativa per sperimentare una immagine positiva di per sé nel gruppo;
– beneficiare del prodotto-iniziativa creata, che permette di percepirsi come persona capace di dar vita a qualcosa di solido di utile e di utilizzabile anche da altri.
2. Servizi di orientamento e di sostegno educativo: offrono supporto specifico ai minori – adolescenti ed adulti (genitori, operatori, insegnanti, ecc.) nell’acquisizione di capacità e di informazioni per sostenere azioni adeguate ai progetti ed alle aspettative dei richiedenti. Assumono la concezione di servizi di consulenza e di sostegno appunto.
– Sostengono la crescita adolescenziale, perché offrono consulenza specializzata nel sostenere i processi decisionali.
– Consentono di conoscere meglio, controllare ed utilizzare le risorse del territorio.
3. Il gruppo di discussione: favorisce processi di mentalizzazione caratterizzati da stili comportamentali e dinamiche affettivo-relazionali. Gli interventi possono essere brevi, un numero illimitato di incontri dove i partecipanti assegnano un significato ad un tema-problema attraverso il confronto con i piccolo gruppo. Oppure interventi lunghi dove si affrontano gli stili affettivi, comunicativi e decisionali dei partecipanti ed evidenziate le ragioni.
– Consentono ai partecipanti di riconoscere i propri problemi in quelli degli altri, favorendo il processo di accomunamento con abbassamento di ansia.
– Favorisce la conoscenza di stili affettivi, decisionali e relazionali diversi che partono da problemi simili.
La consultazione psicologica: strumento principale è il colloquio individuale. È un incontro di consultazione tra uno specialista (lo psicologo) ed il ragazzo, per la ridefinizione al meglio del problema, comprendere la portata ed il significato, valutando le attuali strategie messe in atto dal soggetto nei diversi contesti di vita ed individuare altre possibili strategie affettivi e decisionali per affrontarlo. La consultazione avviene nel luogo di aggregazione più naturale per gli adolescenti, la scuola.
Soffermandoci allora sugli ambiti di vita del minore adolescente, osserviamo un punto importante: la riaffermazione dell’importanza del gruppo dei pari all’interno del programma di prevenzione attraverso la valorizzazione della funzione del coetaneo come agente di cambiamento sociale per gli altri membri del gruppo. Quali sono allora questi programmi di prevenzione? I possibili programmi possono essere suddivisi in quattro categorie, dove il coetaneo assume una particolare posizione: 1) i coetanei intervengono in un gruppo di discussione con l’obiettivo di individuare, focalizzare e risolvere quel determinato problema comune a tutti i membri. Metodo è il confronto interpersonale; 2) alcuni coetanei hanno il ruolo di teen-teacher che introduca a tematiche specifiche; 3) alcuni coetanei come “aiutanti” per prendersi cura dell’altro in difficoltà, focalizzando il problema individuandone le possibili alternative. Questi progetti di prevenzione vengono realizzati principalmente all’interno della scuola, dopo le ore di lezione e prevedono un adulto che nel gruppo ha il compito di facilitare e di guidare le attività.
Scendendo nel dettaglio di un possibile programma di prevenzione, osserviamo che ci potrebbero essere due obiettivi da realizzare:
– individuare i fattori di rischio che portano quel minore al disagio, alla devianza e alla marginalità;
– individuare gli stimoli positivi presenti nei contesti di vita del minore che trasformerebbero gli indicatori di rischio in fattori di protezione del sé (funzione socializzante del gruppo esercitata nei confronti dei soggetti a rischio o con lievi problemi; tecniche di condivisione dei significati adottate dal conduttore; potenziali capacità personali inespresse del soggetto; opportunità territoriali, servizi ed attivazione delle solidarietà della comunità).
La tipologia di soggetti che sono i protagonisti dei progetti di prevenzione sono:
– soggetti a rischio o con problematiche personali più o meno gravi,
– soggetti “normali” agenti di cambiamento per gli altri.
Entrano in gioco le tecniche di rilevamento dati.
1. Questionari sul disagio sociale e scolastico: somministrati agli studenti delle scuole dell’obbligo e medie superiori, sugli aspetti sulle condizioni di disagio e sulle problematiche varie.
2. Gruppi di discussione: con gli adolescenti e con i giovani di gruppi strutturati o informali (con lo scopo di individuare le forma dell’identità gruppale, la tendenza a chiudersi o ad aprirsi all’esterno, i progetti di vita futura dei singoli membri verso condizionamenti o risorse espressi dal territorio); con i genitori (con lo scopo di individuare forme di incomprensione sottesa alla comunicazione quotidiana con i figli e sulle aspettative di entrambi i protagonisti); con gli operatori sociali vari (con lo scopo di individuare gli aspetti del disagio, i comportamenti ricorrenti e ritenuti ipoteticamente a rischio, le condizioni di innesco del loro comportamento problematico).
3. Interviste semi strutturate: per individuare il fenomeno del disagio sommerso ed il suo significato.
4. Monitoraggio: del fenomeno del disagio sociale, scolastico e criminalità minorile nel quadro regionale e nazionale.
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