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Sfumature del vissuto quotidiano dei minori: un terreno minato, tra devianza e rischio di criminalità. La prevenzione ed i processi di inclusione sociale (VII parte)

Come si compila un progetto nel sociale
Ecco perché a questo punto non si può non esaminare l’argomento della progettazione.
Progettare vuol dire trovare il giusto equilibrio tra i bisogni che si vogliono affrontare, le risorse che si hanno a disposizione e lo scopo che si vuole conseguire. Un progetto è un insieme di azioni coordinate e strutturate, al fine di ottenere uno specifico obiettivo sulla base di risorse finanziarie, tecniche e umane determinate, durante un periodo di tempo delimitato. Gli elementi e le fasi costitutivi di un progetto sono:
1- Accoglimento di una richiesta esterna (analisi delle relazioni e decodifica della richiesta).
2- Coinvolgimento dei principali attori dell’area per una prima lettura della situazione locale
3- Definizione del contratto (prestazioni e ruoli).
4- Approfondimento delle relazioni tra gli attori in gioco, della storia e della cultura locali.
5- Analisi del disagio sociale – Computo delle risorse – Analisi del bisogno educativo.
6- Individuazione finalità sociali e declinazione in obiettivi realizzabili – Individuazione finalità educative e declinazione in obiettivi realizzabili.
7- Organizzazione degli obiettivi in ordine di priorità ed esplicitazione della loro interdipendenza.
8- Stesura di una prima bozza.
9- Verifica con tutti gli attori sociali.
10- Stesura del progetto definitivo.
11- Implementazione del progetto: Realizzazione di nuove iniziative e strutture e/o modifica delle esistenti – Interventi di formazione ed informazione.
12- Verifiche periodiche con un numero sempre più ampio di attori sociali con il conseguimento degli obiettivi intermedi.
13- Analisi dei fattori che hanno contribuito al successo o all’insuccesso delle iniziative.
14- Messa a punto del progetto.
15- Verifica sugli obiettivi prioritari.
16- Riprogettazione.1

Si sta lavorando sulla presentazione di un progetto dal titolo: Un passo per il domani! Uno sguardo oltre l’orizzonte… che darà la possibilità di analizzare il mondo minorile inteso come una miniera di potenzialità che talvolta faticano a realizzarsi pienamente, a causa di forme di disagio sempre più diffuse in ogni fascia sociale.
Scendiamo nel dettaglio delle fasi.
Nella prima fase Accoglimento di una richiesta esterna (analisi delle relazioni e decodifica della richiesta) si avvii una corretta analisi delle relazioni che si verranno a creare nel contesto dove avviene l’analisi, importante per la buona o la cattiva riuscita di un intervento. Il rapporto di base è instaurato tra il committente (spesso è colui che si accorge e legge il malessere o il disagio dell’altro), il professionista e l’utente. Diverse sono le analogie su: la motivazione iniziale, le finalità ed i contenuti dell’intervento; ma successivamente anche le procedure e le conseguenti relazioni tra gli attori coinvolti. Nel caso della decodifica della domanda l’itinerario sarà: indagare quali specifici eventi hanno prodotto questo tipo di richiesta; fare emergere le interpretazioni date agli eventi; comprendere le finalità del committente nell’affrontare il problema. L’interpretazione dei fatti da parte del committente può essere di due tipi: stereotipato (spiega il fenomeno, semplificandolo e colpevolizzando esclusivamente questa o quella categoria di soggetti – i genitori, i ragazzi stessi, …); aderente alla realtà (ai fattori di disagio del mondo giovanile).
Nella seconda fase Coinvolgimento dei principali attori dell’area per una prima lettura della situazione locale tre sono i livelli di indagine da ipotizzare: primi riscontri sulla situazione locale; approfondimenti sulla storia, sulla cultura locale e sulle relazioni territoriali; indagine sul disagio e sui fattori rischio. Con l’obiettivo di mettere a confronto la situazione locale letta dal committente con le informazione e le percezioni raccolte da altri testimoni (operatori sociali, insegnati, parroco, responsabili di associazioni e di gruppi, …) per compiere una prima verifica sull’attendibilità dell’indagine e sull’opportunità dell’intervento. Lo strumento principale potrebbe essere delle assemblee sotto forma di work-shop sul tema della condizione giovanile (dati statistici, “immagine” dei giovani, percezione dell’esistenza di una fascia a rischio, ipotesi sui fattori di disagio, …). Hanno lo scopo di produrre coinvolgimento, scambio di idee, di informazioni e di confronto, ma soprattutto di crescita di solidarietà tra tutti.
La terza fase è Definizione del contratto (prestazioni e ruoli) dove si comprende in che cosa consisterà la prestazione dell’operatore o dell’equipe, instaurando un rapporto di consultazione, di consulenza e di promozione. Il contratto è di prevenzione, quindi assumere determinati principi: rifiutare o mettere in discussione proposte di intervento-lampo e l’attribuzione del ruolo di “esperto unico”; privilegiare azioni che si inseriscono nel progetto più ampio o prevedono continuità; puntare sia sulla riqualificazione di operatori, di educatori e di animatori locali nel compito di agire con l’utenza, sia per l’operatore inteso come agente promotore di cambiamenti.
La quarta tappa Approfondimento delle relazioni tra gli attori in gioco, della storia e della cultura locali avviene da parte dell’operatore tramite interviste e attraverso l’osservazione critica delle dinamiche nelle assemblee.
La quinta fase Analisi del disagio sociale – Computo delle risorse – Analisi del bisogno educativo per portare alla luce la necessità che può esistere alle matrici multifattoriali del problema attraverso un impegno multidisciplinare. Tutto questo passando dal ricostruire il quadro delle risorse esistenti (servizi ed iniziative già operanti, personale disponibile, spazi, …) da impegnare sul campo.
La sesta tappa Individuazione finalità sociali e declinazione in obiettivi realizzabili – Individuazione finalità educative e declinazione in obiettivi realizzabili soffermandosi su alcuni elementi oggettivi: il/i livello/i di prevenzione perseguito (specifica, aspecifica, primaria e/o secondaria); la/e fascia/e di età interessata/e (bambini, ragazzi, preadolescenti); le aree problematiche privilegiate (sostegno all’integrazione sociale e riduzione delle fasce di marginalità più deboli, affronto del disagio, …). Le finalità sia sociali sia educative devono essere declinate in obiettivi: congruenti alle finalità, realistici, centrati sul singolo effetto da raggiungere e verificabili. Gli strumenti sono l’ALBERO DEI PROBLEMI che mostra gli effetti di un problema e le sue cause e permette di identificare le vere radici di una situazione insoddisfacente in atto. Le tappe: identificare i problemi di base che colpiscono i destinatari; identificare i problemi associati; analizzare e identificare le relazioni di causa-effetto e creare una prima stesura dell’albero dei problemi; verificare la logica di causalità.
L’altro è l’ALBERO DEGLI OBIETTIVI che segue una logica di mezzo-fine e permette di trasformare ogni condizione attuale negativa (problema) in una condizione positiva futura (obiettivo)2

LA CREAZIONE DELL’ALBERO

DEI PROBLEMI

1. Elencare (in ordine sparso) i problemi oggettivi che caratterizzano l’ambito in cui si vuole operare.

I problemi:

• non devono essere espressi in enunciati negativi;

• non devono essere espressi come mancanza/assenza di una soluzione.

2. Scegliere uno dei problemi come problema di partenza.

3. Individuare nella lista un problema che è causa del problema di partenza e porlo al di sotto di questo.

4. Individuare nella lista un problema che è effetto del problema di partenza e porlo al di sopra di questo.

5. Collegare con frecce le cause agli effetti.

LA CREAZIONE DELL’ALBERO

DEGLI OBIETTIVI

1. Tradurre ciascun problema nella sua situazione positiva.

Tradurre ciascun obiettivo come un enunciato di forma positiva e al

participio passato con il maggior numero di dettagli.

2. Trasformare le relazione da “causa-effetto” a “mezzo-fine”.

LA SCELTA DELLA STRATEGIA

1. Individuare l’obiettivo che diverrà l’obiettivo specifico del progetto.

2. Eliminare gli obiettivi che non rientrano nell’ambito del progetto:

perché non alla portata del partenariato;

perché non ritenuto strategico per uno o più partner.

La settima tappa Organizzazione degli obiettivi in ordine di priorità ed esplicitazione della loro interdipendenza prevede che gli obiettivi siano distinti in obiettivi prioritari (indicano le mete importanti per raggiungere la finalità generale) ed in obiettivi intermedi (elencati in successione logica e temporale, quelli a breve termine -formazione e sensibilizzazione- e quelli a lungo termine -cambiamenti personali e sociali-)
L’ottava tappa Stesura di una prima bozza che contempli: la/e strategia/e, i metodi, gli strumenti, i tempi ed i costi.
La nona fase appunto Verifica con tutti gli attori sociali attraverso la valutazione delle realtà coinvolte nella fase di analisi attraverso la raccolta di critiche, indicazioni ed integrazioni.
La decima fase Stesura del progetto definitivo, attraverso l’undicesima fase Implementazione del progetto. Devono essere tenute presenti due direttrici, alla base della sua scrittura: le azioni sociali (la realizzazione di nuove iniziative e strutture e/o la loro riqualificazione) e gli interventi formativo/informativi (campagne di sensibilizzazione, gruppi auto centrici, …).
La dodicesima tappa Verifiche periodiche con un numero sempre più ampio di attori sociali con il conseguimento degli obiettivi intermedi; la tredicesima tappa Analisi dei fattori che hanno contribuito al successo o all’insuccesso delle iniziative; la quattordicesima tappa Messa a punto del progetto e la quindicesima fase Verifica sugli obiettivi prioritari accertano l’effettivo o meno conseguimento dei cambiamenti prefissati nella fase di programmazione del progetto. Tre livelli di verifica: sui risultati a breve termine – verifica di percorso (se si sta procedendo nella direzione desiderata e se gli interventi sono efficaci al raggiungimento degli obiettivi, o se c’è la necessità di fare degli aggiustamenti); sui risultati a medio termine – verifica sul progetto (riprogettazione, cioè estensione del progetto a nuove aree di bisogno per il conseguimento delle finalità generali); sui risultati finali e sull’efficacia preventiva – verifica sulla strategia complessiva (validare l’efficacia della strategia prescelta e la sua riproducibilità).
La sedicesima fase Riprogettazione dove ogni intervento di prevenzione dovrebbe assumere le caratteristiche del progetto permanente, capace di svilupparsi secondo una crescita “fisiologica” e di dare frutti nel tempo. L’intervento deve comunque essere costantemente accompagnato, monitorato e rilanciato da un’equipe tecnico-amministrativa competente.

NOTE
1- L. Regoliosi, La prevenzione possibile Modelli, orientamenti, esperienze per l’operatore sulla prevenzione della devianza giovanile e della tossicodipendenza, Edizioni Angelo Guerrini e Associati, Milano, 1992, p. 135.

2- Fonte: Consigli pratici per la costruzione dell’albero dei problemi e l’albero degli obiettivi (rielaborazione da Federico Bussi, progettazione e valutazione di progetti con il Quadro logico, materiali di approfondimento, 2002 e european commission ñ europeaid cooperation office, project cycle Management guidelines, Bruxelles 2004).

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