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Husserl, un contributo alla filosofia del linguaggio

Husserl, filosofo tedesco (1859 – 1938). Dopo aver studiato matematica e astronomia a Berlino, seguì a Vienna i corsi di filosofia di F. Brentano, che esercitò su di lui una influenza determinante. Husserl non si impose solo come filosofo che ebbe il merito di occuparsi di studi matematici e logici, ma gli si deve il merito di essere tra i più importanti tra i filosofi che, attraverso lo studio della logica e dell’aritmetica, diedero un contributo fondamentale alla filosofia del linguaggio. Merito purtroppo poco riconosciuto ai nostri giorni. Lo stesso Wittgenstein, uno dei padri della filosofia del linguaggio, gli riconobbe questo merito che, se sottovalutato, corre il rischio di offuscare tutta la filosofia husserliana e darne di essa solo una lettura parziale e , direi, scontata.
Il terreno su cui il filosofo muove le sue teorie è quello fenomenologico: terreno autentico della filosofia, purificato dai metodi e dalle categorie obiettivistiche per fare emergere le ‘cose stesse’ nella originarietà del loro darsi. Queste originarietà vengono colte, in un primo momento, nei vissuti intenzionali della coscienza e, in un secondo memento, in ciò che Husserl chiama ‘Lebenswelt’ : il mondo delle operazioni fungenti di senso che dispiegheranno e costituiranno la ‘intersoggettività trascendentale’. Ma procediamo per gradi e vediamo di capire i passaggi fondamentali che condurranno Husserl a dare importanza al linguaggio e quanto quest’ultimo sia fondamentale per la costituzione e la costruzione del mondo che abbiamo in comune o mondo-della-vita, come viene propriamente chiamato da Husserl.
Dopo l’analisi e la distinzione tra espressione e indici – che diviene fondante rispetto alla tematizzazione del rapporto dell’espressione con il suo significato (Ricerche logiche) – Husserl stesso sottolinea l’importanza del linguaggio. In Ricerche logiche siamo di fronte, ancora, ad una analisi logica dei significati. Gli oggetti della logica, infatti, si presentano sotto forma grammaticale. Accedere al significato logico si può solo prendendo in considerazione la forma linguistica di questo significato. Il linguaggio diviene così fondamentale, a questo punto, per la scienza. Ciò vuol dire che il linguaggio non è più rivestimento occasionale di un pensiero da esso indipendente, ma diviene fondamentale; funge, cioè, da terreno di indagine privilegiato per la costituzione di pensieri che rientrano nella sfera scientifica. In questo modo l’enunciato si presenta come garante della verità ideale: quella scientifica. Per raggiungere questo scopo, non occorre un linguaggio formalizzato (è bene tenere presente questo passo per ciò che diremo inseguito). Basta il linguaggio ordinario, quotidiano. Ed è solo grazie al linguaggio che l’oggetto della logica non ha nulla a che vedere con il privato o con lo psichico. Per essere ideale ed oggettivo un significato deve essere espresso linguisticamente. L’espressione di cui parla Husserl, infatti, non è altro che la parola parlata, il dialogo vivente che agisce nella vita quotidiana. L’espressione è il vissuto colto nella sua articolata unità. Questa è la funzione originaria dell’espressione. Solo in un secondo tempo l’espressione rende noto ad altri il pensiero e diventa comunicazione. In prima istanza l’espressione il pensiero lo ha in sé, come suo significato. Ciò che caratterizza l’espressione linguistica – che per questo non si riduce a un mero complesso fonetico – è l’intenzione significante: il ‘dispiegamento di senso’. Il senso non si aggiunge all’espressione come nesso esteriore che viene prodotto dall’associazione psicologica. L’espressione contiene un significato in un senso forte, pregnante: è, come direbbe Husserl “animata da un senso”.
Questa semplice, seppur efficace e importante, esposizione dei contenuti riguardanti in particolar modo la Prima ricerca logica non è tuttavia sufficiente a mostrare la ricchezza dei contenuti filosofici delle tematiche husserliane. Non potendo percorrere, considerata la vastità e la produzione delle opere husserliane (e considerato anche il forte tecnicismo espressivo), tutte le opere andiamo direttamente all’ultima opera del nostro filosofo: Crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale.
Con questa opera siamo di fronte al progetto e alla realizzazione della intersoggettività trascendentale: un dialogare comune e collettivo che, incorporato nello spazio-tempo, diventa storia. Movimento che avviene all’interno di una fenomenologia che non guarda più l’oggetto quasi a fotografarlo, ma guarda l’uomo (il soggetto) che guarda l’oggetto. L’oggetto si costituisce non solo in me, ma in noi e così anche i processi donatori di senso. Ecco che il linguaggio diviene, ora, fondamentale. Esso viene collocato nell’orizzonte che abbiamo in comune, nel ‘noi’ che costituisce “una comunità immediata e mediata” (Crisi). In questa comunità si può parlare tutti insieme, delle cose per noi esistenti. Dire questo equivale a dire che ciò che vale per tutti, l’obiettività del mondo, sorge attraverso la possibilità di una lingua in generale. Con la lingua si nominano le cose del mondo. Cose che sono di tutti. Con la lingua si crea il mondo di tutti. In Appendice III (sorta da una conferenza per esplicitare e rafforzare i concetti espressi in Crisi delle scienze europee), il linguaggio – grazie anche alla scrittura – rappresenta la condizione di possibilità dell’obiettività scientifica. Non solo: rappresenta la condizione di permanenza di tutte le formazioni culturali, dunque di tutti i significati. Il linguaggio si fa storia: storia dell’umanità.
Ecco che così il ruolo della filosofia diventa fondamentale e recupera il telos cui l’uomo deve dirigersi. Seguire la filosofia è l’autodispiegamento della ragione stessa che conduce l’uomo alla felicità.
Ma questo sarebbe impossibile senza il linguaggio. Il linguaggio è, per l’uomo, lo strumento di autodispiegamento del proprio telos, l’unico attraverso cui è possibile costruire una scienza senza perdere consapevolezza di sé e del mondo e del radicamento di sé al mondo. Solo attraverso il linguaggio l’uomo entra in possesso dei valori ideali, eterni: che, soli gli permettono di vivere una vita felice. A millenni di distanza, la prospettiva di Husserl, ripercorre il cammino indicato da Aristotele.

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