Politiche migratorie: concetti e classificazioni
Parlare oggi di politiche migratorie significa fare riferimento a una realtà sempre più articolata e complessa. I due principali ambiti in cui si sostanziano sono le politiche per l’immigrazione (“immigration policies”) e le politiche per gli immigrati (“immigrant policies”). Nel primo, sono comprese oltre alle politiche d’asilo, quelle d’ingresso, soggiorno ed espulsione, quelle di polizia e di controllo delle frontiere. Al secondo gruppo, invece, vengono ricondotte tutte quelle inerenti all’integrazione degli immigrati. Questi due campi di applicazione non solo differiscono sul piano tematico, ma prevedono orientamenti alquanto dissimili. Infatti, nel primo caso, una continua concertazione e un costante coordinamento tra differenti paesi (quantomeno tra quelli confinanti) si rivela oggi non solo auspicabile, ma indispensabile per poter intervenire in maniera efficace contro l’ingresso illegale di clandestini e l’odioso fenomeno del trafficking; mentre l’integrazione è una tematica che ogni paese “dovrebbe” essere in grado di affrontare in modo più autonomo, seguendo le linee comuni tracciate dall’UE ma adeguandole alle proprie esigenze e tradizioni. Inoltre, oggi si sta gradualmente affermando il cosiddetto “comprensive approach” (approccio integrato) che consiste essenzialmente nella gestione delle migrazioni internazionali intervenendo sulle sue differenti dimensioni, nonché sulle sue varie fasi di sviluppo. I tre livelli su cui tale tendenza politico-normativa dovrebbe orientarsi sono: cause dei movimenti migratori (controllando i push factors); movimenti migratori in corso (programmando quelli regolari e limitando quelli irregolari); inserimento degli immigrati nelle società di arrivo. Le classificazioni possibili sul terreno delle politiche per gli immigrati, con riferimento al tema dell’integrazione, sono numerose e disparate e le componenti che la caratterizzano sono molteplici, la conoscenza delle quali sembra aggiungere di volta in volta tasselli alla comprensione della “questione” integrazione, che sempre meno dovrebbe essere vista come problematica, ma piuttosto come una possibilità di arricchimento. Quando si parla di integrazione, le aree di interesse sono molteplici: mercato del lavoro, alloggio, sanità, istruzione, partecipazione politica e appresentanza, tutela della collettività e criminalità, discriminazione e razzismo. Si avranno tanti tipi di integrazione quanti sono gli aspetti di essa considerati.
I principali ambiti su cui il concetto di integrazione si dipanasono: giuridico, sociale, culturale ed economico. Si può parlare di integrazione come uguaglianza, come utilità e come somiglianza, ma ognuna di queste può prevalere sulle altre o sussistere congiuntamente. Secondo questa accezione le dimensioni fondamentali dell’integrazione sono due: integrità della persona e interazione positiva (accompagnata quest’ultima da pacifica convivenza). Dopo una prolungata inerzia del legislatore italiano in materia di immigrazione, nel 1986 vede finalmente la luce la Legge n. 943, “Norme in materia di trattamento dei lavoratori extracomunitari immigrati e contro le immigrazioni clandestine”. Presentava un’impostazione essenzialmente lavoristica dove alla componente irregolare non veniva riconosciuto alcun tipo di diritto. Non si trattava di programmazione di flussi in entrata, ma dell’affermazione del criterio dell’incontro preventivo tra domanda di lavoro interna e offerta di lavoro straniera in seguito all’“accertamento di indisponibilità di lavoratori italiani e comunitari”. Successivamente è stata introdotta la Legge n. 40 del 1998, detta anche Legge Turco-Napolitano, che, insieme ad una serie di norme precedenti sull’argomento, è confluita nel D. Lgs. n. 286 del 25 luglio 1998, meglio conosciuto come Testo Unico delle disposizioni in materia di immigrazione15. Oltre all’ambito della programmazione degli ingressi e alla novità della carta di soggiorno, prevista per gli immigrati stabilmente e regolarmente residenti in Italia e che non avessero commesso particolari categorie di reati, lo scopo fondamentale era quello di realizzare una sorta di integrazione indiretta. Ha attribuito, infatti, a Regioni ed Enti Locali, ma anche alle organizzazioni operanti nel terzo settore, un ruolo di primo piano nella definizione delle politiche migratorie da adottare, soprattutto in materia d’integrazione, sia in maniera diretta, sia entrando a far parte di nuovi organismi creati ad hoc. Le uniche materie a non essere trattate sono state quelle dell’asilo e della protezione temporanea. questa era la legislazione vigente in Italia fino a quando, il 10 settembre 2002, non è entrata in vigore la nuova legge sull’immigrazione (Legge 189/2002, detta Legge Bossi-Fini), Tra le varie modifiche apportate spiccano le nuove condizioni di rinnovo del permesso di soggiorno con particolare riferimento alla dimostrazione della disponibilità di un alloggio idoneo ogni qual volta si rinnovi il permesso nonché all’obbligo per il lavoratore straniero che pur disponendo ancora di un permesso in corso di validità abbia cessato per qualsiasi ragione il precedente rapporto di lavoro di presentarsi con il nuovo datore di lavoro presso l’Ufficio Territoriale del Governo (UTG, ex-Prefettura) per stipulare un nuovo permesso di soggiorno in quest’ottica la città rappresenta per eccellenza il luogo di interazione tra immigrati e società di accoglienza, con i suoi esiti più o meno desiderabili e prevedibili, dall’integrazione al conflitto. I Comuni, in quanto livelli di governo più vicini ai problemi e alle esigenze dei cittadini, possono avere una rilevanza tutt’altro che secondaria nell’indirizzare questi processi. Non mancano esperienze innovative promosse da amministrazioni locali in collaborazione con organizzazioni del terzo settore o associazioni degli immigrati, successivamente adottate nei programmi di intervento di istituzioni regionali e nazionali. Tuttavia, l’entusiasmo per la policy “dal basso” non deve far perdere di vista i possibili limiti e vincoli all’azione locale spesso derivanti dalla incongruenza tra le logiche dei diversi attori che si occupano di immigrazione.
Nell’analisi degli interventi attuati dai comuni si è operata una distinzione tra servizi stabili e
progetti o iniziative.
Per il primo tipo sono state rilevate due categorie di servizi: l’informazione e la prima accoglienza.
Il servizio non è limitato ad un’attività di sportello, ma fornisce un più complesso e strutturato sostegno in termini di informazione, orientamento, consulenza, e prima assistenza per quanto riguarda la ricerca della casa e la tutela della salute; il lavoro avviene in rete con gli altri
soggetti del territorio e costituisce il punto di collegamento e di coordinamento tra le attività e i
progetti dell’amministrazione in materia migratoria.
Per quanto riguarda i progetti e le iniziative, sono particolarmente diffuse le attività di laboratorio interculturale presso le scuole, La scuola diventa luogo di accompagnamento e di sostegno per gli alunni migranti, ma anche per le loro famiglie attraverso attività di supporto linguistico-culturale e progetti individualizzati che proseguono all’esterno della scuola e sono gestiti da mediatori culturali e da operatori sociali.
Uno stile di lavoro improntato alla costruzione e alla gestione di reti tra gli attori locali consente di attivare, coordinare e integrare tra loro attività diverse gestite sia dallo stesso ente pubblico sia da numerosi altri soggetti del territorio e avviene in particolare nell’ambito della diffusione di informazioni, della ricerca della casa, dell’apprendimento linguistico, dell’integrazione in ambito scolastico.
A) Servizi.
– sportelli informativi. Alcuni interlocutori ne individuano una funzione non solo strumentale all’acquisizione di conoscenze immediatamente utili agli immigrati per muoversi nei servizi;
viene sottolineato infatti l’aspetto dell’informazione sui diritti, in particolare relativi 16 all’accesso ai servizi, come presupposto per renderli esigibili da parte della popolazione migrante.
– servizi e progetti relativi alla prima accoglienza e all’accesso alla casa.
B) Partecipazione degli immigrati.
– sostenere la partecipazione degli immigrati e delle loro associazioni alla progettazione e alla gestione degli interventi a loro diretti.
C) Sostegno nei Paesi d’origine.
D) Strumenti di analisi.
– Dotarsi di maggiori elementi di conoscenza del fenomeno migratorio locale, e in particolare dei suoi aspetti sommersi, attraverso ricerche e monitoraggi. Effettuare
indagini che consentano di valutare le ricadute delle politiche e degli interventi sull’integrazione degli stranieri.
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