La settimana più lunga della mia vita, ovvero: come sono sopravvissuto all’esame di stato
Non so se ricordate un film magnifico e crudele con Alberto Sordi, “La più bella serata della mia vita”. “Sì ok, allora? “, direte voi. Allora niente. Mi serviva un incipit. Vi parlerò, invece, della più lunga settimana della mia vita e di come ne sono venuto a capo. Esame di Stato, ragazzi, mica una passeggiata.
Martedì 30 giugno 2009- Verso le 8.15, ritrovo sul piazzale della Facoltà alcune colleghe di studi. Sorrisi tirati, espressioni monosillabiche incastrate alla buona tra ripassi mentali e la più totale incertezza su cosa ci aspetta. Alle 9 siamo già comodi in un’aula al primo piano in fondo a un lungo corridoio, ciascuno di noi separato da un posto vuoto. I membri della commissione si occupano a turno delle formalità anagrafiche, di chiarire la procedura d’esame, raccomandazioni e tempo a disposizione, dopodiché: “Allora: prima leggeremo le 2 tracce che non sono uscite… quindi quella sorteggiata”. Finalmente si comincia e quest’ultima sembra riscuotere un consenso generale. Mi accorgo, una volta consegnato il telefonino, di non avere altri riferimenti temporali. Vabbé. Leggo e rileggo la traccia, almeno un quarto d’ora per assimilarla e focalizzare i concetti su cui imposterò un’introduzione e di lì un ragionamento più ampio. Rieccoci fuori poco dopo le 12. Senza contare quanti si conoscono già, iniziano a formarsi i primi gruppetti spontanei. “Dai, era abbordabile, però…” “Sì, infatti, ma significava pure…”. Confrontandomi con gli altri, ho la conferma di aver scritto cose corrette ma di averne tralasciata qualcuna. Cerco di non pensarci, anzi, mi sento un po’ sollevato perché abbiamo rotto il ghiaccio. Ci dividono quasi 3 ore dalla seconda prova, che si fa? Due passi e qualcosa di fresco, naturalmente. Alle 14.30 ci ritroviamo tutti nella medesima aula. C’é chi ripassa fino all’ultimo, io proprio non ce la faccio. Non c’é un filo d’aria. Spalanchiamo le finestre ma cambia poco. Anche qui, viene letta per ultima la traccia prescelta, accolta da parole di approvazione e sospiri di sollievo. Per quanto mi riguarda, panico. Si affaccia per la prima volta lo spettro della bocciatura. So di cosa stanno parlando e la legge di riferimento ma… avete presente quelle parti di programma di cui si apprendono pochi, concreti concetti? Ecco. Così faccio appello a tutte le mie risorse mnemoniche e capisco di dover prenderla “alla larga”, il che significa: scrivere tutto quello che sai ma senza sconfinare, poi contestualizzarlo mettendoci molto di tuo, dallo stile adottato alla scelta dei vocaboli alle considerazioni personali. Alle 17 può dirsi conclusa la prima giornata. Tolto un peso, si tratta di liberare la mente, almeno per qualche ora.
Mercoledì 1 luglio- Oggi non ci sono prove, mentre l’esito dei compiti scritti é previsto online nel primo pomeriggio. Invece esce un comunicato che rimanda tutto al mattino seguente, quando i candidati apprenderanno direttamente in sede se possono continuare o meno. Ripasso qualcosa verso sera, giusto per ripulirmi la coscienza.
Giovedì 2 luglio- Sul piazzale fuori la facoltà intercettiamo un membro della commissione. “Prof.ssa… più o meno com’é andata?” “Purtroppo qualcuno di voi non ce l’ha fatta…”. Esitante, mi dirigo con gli altri verso la bacheca. “Ammesso”. Fiuuu… 2 su 4. Dai. C’é poco da esultare, però, visto che alle 9 dobbiamo trovarci al piano superiore per la prova pratica. Quella del 9, letteralmente. E’ qui che devi mostrare di sapere come, più che dove, mettere le mani. Ed é qui che ho maggiori lacune. Ma chiaccherando qua e là, scopro di non essere il solo. Si tratta di scegliere tra 2 casi. Un’ora di tempo. Possibile? E’ importante, ci spiegano, che il candidato sappia cogliere il cuore della situazione problematica e sia in grado di concepire un progetto d’intervento. Mi basta un secondo: é materia di tirocinio, fortuna mia, pur nella sua discreta complessità. Mi guardo intorno, già tutti a capo chino neanche fossero sotto dettatura. Comprendere quello che leggi. Saper cosa scrivere, come scriverlo e con quali priorità. Un’ora. Anche meno, ormai. Dai. Faccio finalmente mia la storia e mi abbandono a un flusso spontaneo, impetuoso, attento a non perdere di vista uno sviluppo quanto più organico e coerente. Non ricordo circostanze che hanno richiesto analoga concentrazione in uno spazio così serrato, con i minuti che diventano secondi e ti ritrovi allo scadere senza aver potuto rileggere il compito. Anzi (e qui stringo la mano alla commissione tutta), non arrivo a ricopiare la “bella” per intero. “Va bene, metta un segno fin dove é arrivato, ci pensiamo noi”. Ore 10.45, il giorno più lungo é ancora giovane. Per le 13 sono attesi i risultati. Saranno 2 ore interminabili all’insegna di micro psico-drammi e slanci pseudo-ottimistici. A ridosso dell’una, chiunque entra dentro vinto dall’ansia si ritrova decine di occhi puntati non appena riesce. Partito il count-down, é un andirivieni spasmodico dentro-fuori. Un ragazzo dirà: “Tutti ammessi”. Gli occhi ridenti di una collega di studi mi trafiggono mentre serro il pugno all’altezza della bocca. Poi un brivido di gioia che dalla schiena gira intorno e risalendo trova il cuore. Pacche sulle spalle, un po’ di sorpresa, sorrisi, come intravedessimo il traguardo. Tre ore dalla prova orale. “Non vorrete ripassare subito, vero?” Certo che no. Ci facciamo un giro in cerca di refrigerio e un boccone. Verso le 14.30 eccoci nuovamente in apnea in gruppi di 3 o 5 tra la piazzetta fuori la facoltà e la sala lettura interna. Comincia il toto-domande. I più ottimisti: “Vedrete, domanderanno del tirocinio, qualcosa degli scritti, magari una domanda sul programma”. Una via di mezzo: “Ragazzi, ma voi ricordate tutte le leggi?” I più pessimisti: “Sì, e se ci chiedono qualcosa di specifico del codice o di un’area d’intervento in particolare?” Alle 16 siamo raccolti fuori una sala dalle ampie vetrate, mentre la commissione si é divisa in due per occuparsi, secondo l’ordine alfabetico, dei rispettivi candidati. Il corridoio é lungo ma già a metà devi scusarti se vuoi passare, per non dire in prossimità della stanza. I primi a finire (e così via) nemmeno se la godono che vengono assaliti da inevitabili: “Com’é, difficile? Che chiedono? Quanto dura?” Io non sto fermo un attimo, parlo, mi siedo per terra, mi avvicino e riallontano. A un certo punto, esausto, a una ragazza non trovo di meglio da dire che: “Stai su facebook?” Quando mi chiamano non sento più nulla, quasi stessi per decollare. “Allora, sono abilitato…”, mi lascerò scappare poco dopo. “Vada pure, non si preoccupi, i risultati usciranno domani”. Ma in qualche modo é chiaro. Si scatena una tempesta di grandine, con un ragazzo e la sua amica ci ripariamo per un po’ in macchina. Poi con lui raggiungo Trastevere e ci facciamo (ore 18.30) due memorabili spaghetti alla gricia innaffiati da una bottiglia di Valpolicella.
Venerdì 3 luglio- Assaporo leggero l’aria del primo mattino. Tuttavia é difficile concentrarsi su qualsiasi cosa. Verso l’una mi collego in rete. Sulla bacheca di un’amica compare: “Ciao, in segreteria ci hanno detto di stare tranquille perché siamo passate tutte”. Tutte? Come sarebbe? Le scrivo subito, allarmato. “Ciao, siamo passati tutti ma per i risultati ci vuole ancora un po’ “. Ok. Ora che ce l’ho fatta, ci ho pensato su e vi dico perché. Perché ho saputo, certo, ma soprattutto voluto. Anche nei momenti di smarrimento maggiore, c’era una voce (luce) che ripeteva: “Voglio farcela”. Sì, più “voglio” che devo, per non caricarmi di responsabilità. Del resto ho messo sulla bilancia un po’ di interessi, per dirla con il codice deontologico professionale: fare di tutto per non vanificare le energie spese, che certi treni passano solo due volte l’anno; il desiderio di bissare subito dopo la laurea; la possibilità di trascorrere un’estate più serena, di conseguenza propormi sul mercato del lavoro quanto prima. E adesso non parlatemi più di prove, esami, scritti e orali. Per un paio di mesi, almeno…
Ciao! Mi chiamo Giuseppina e frequento il terzo anno di servizio sociale a Chieti. sto quasi per finire, mi mancano 4 esami!aiuto! :)mi dovrei laureare a marzo, se Dio vuole e credo che poi mi inizierò a preparare per l’esame di Stato…ma…com’è stata la tua preparazione? in qunto tempo, come ti sei organizzato…ma quindi le prove sono tutte concentrate in una settimana o cambia a seconda dell’università?ciao e complimenti, dottore 🙂
Commento by Giuseppina Lavanga — 30 Luglio 2009 [Permalink]
Ho tanta paura di fare l’ esame di Stato (albo B), mi sto leggendo e studiando molti libri tra cui dare un ripasso anche a quelli studiati durante la triennale, ragazzi secondo voi è un lavoraccio inutile, sto esagerando o faccio bene? help!!!
Commento by rox — 30 Agosto 2009 [Permalink]